Politica: Il berlusconismo può sopravvivere a Berlusconi?

brevemente, in memoria di…

E’ trascorsa una settimana dalla scomparsa di Silvio Berlusconi. Un evento che ha segnato il dibattito politico in questi giorni. E lo segnerà ancora a lungo. Perché il Cavaliere ha (di)segnato i contorni e le divisioni del nostro sistema. Non solo: della nostra Repubblica. La sua “discesa in campo”, avvenuta e annunciata con un discorso televisivo nel 1994, ha marcato il passaggio “oltre la Prima Repubblica”. Oltre la caduta del muro di Berlino e del sistema dei partiti, che ne era il riflesso. In Italia. Il dopo Berlusconi lascia a Forza Italia una dote di voti possibili da recuperare. Nell’ultimo anno i consensi personali per il Cavaliere erano molto cresciuti. Non così per il suo partito, fermo ormai da diversi anni sotto al 10%. La morte del fondatore di Forza Italia chiude un trentennio ancora da studiare, anche se di fatto il suo partito sembrerebbe ormai finito da tempo ed è sempre meno rilevante in questa destra… E adesso. Adesso niente: il berlusconismo può sopravvivere a Silvio Berlusconi? Infatti, i berlusconiani, un paio di generazioni di dirigenti politici, con tutta probabilità non reggeranno, rifluiranno tra le onde di un ‘melonismo’ che per quanto incerto pare ingoiare tutto. “Berlusconiano” altro non voleva dire che imitare più o meno fedelmente le movenze del Cavaliere, politiche e mondane, al massimo l’adesione a un’idea veloce della vita e della lotta politica, con tutte le giravolte necessarie, ma è come per Napoleone, “bonapartista” era solo lui. Lascia, Berlusconi, un trentennio ancora da studiare a fondo, c’è materia per decenni di corsi universitari, un uomo che ha fatto tutto e che al tempo stesso ha concluso improvvisamente la sua incredibile avventura terrena con un che di incompiuto, di storicamente irrisolto: dov’è l’Italia liberale promessa? Dove sono le riforme? Dove sono la ricchezza e il lavoro per tutti? In queste ore non si sa neppure bene cosa scrivere di un uomo che per tutti gli italiani è stato l’alfa e l’omega della politica e non solo della politica, nel bene e nel male, amato e odiato, ma che certo ha segnato almeno per un momento le giornate di tutti per trent’anni, o forse meno, perché diciamo la verità Forza Italia, cioè il berlusconismo politico, è finito da tempo, ma comunque è rimasto tanto, dal Milan a Mediaset, e ogni santo giorno c’è stato qualcosa che rimandava a lui, foss’anche invisibile e rinchiuso nella magione di Arcore come Fabrizio del Dongo nella torre di Parma e non più quello sfavillante di Antigua, Villa Certosa, palazzo Grazioli, l’uomo dei danè che aveva scalato tutto lo scalabile, il Vincente per definizione. Cosa resterà di questi anni Novanta? E delle successive, tendenzialmente declinanti, gesta dei Duemila e oltre? Insomma, c’è un’eredità politica (su quell’altra eredità, quella vera, si apre ora una Dinasty infinita) di Silvio Berlusconi? Cambierà in qualcosa la politica italiana, e come? Sono domande che è facile porsi e difficili a svolgersi ma – facciamola corta – non cambierà molto. Ma quella che già si sente da subito è l’assenza di Silvio Berlusconi. Anche nell’ultimo atto, è stato imprevedibile, veloce. Ed è un bel modo di morire, per uno come lui…

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