Politica: nessun dubbio Meloni ha vinto. Vince e rivincerà. Perché ha tutti i difetti della destra e pure quelli della sinistra…

Giorgia: minaccia, delegittima, criminalizza e si vittimizza. Ma controlla tutto (senza controllare niente) e fa quello che contestava dall’opposizione. A proposito di opposizione: “ormai la fa solo il Pride…” così scrive su Huffpost Elio Vito (noto politico italiano, che è stato deputato alla Camera dal 23 aprile 1992 al 13 luglio 2022, dove ha ricoperto gli incarichi di capogruppo di Forza Italia dal 5 giugno 2001 al 28 aprile 2008 e presidente della 4ª Commissione Difesa dal 7 maggio 2013 al 21 luglio 2015. È stato anche Ministro per i rapporti col Parlamento dall’8 maggio 2008 al 16 novembre 2011 nel quarto governo Berlusconi. Una pesante critica, che proviene da uno che sta dalla stessa parte della Premier, ma ha ormai motivi di forte dissenso… d’altronde: Meloni minaccia di andare al voto ma non tocca a lei sciogliere le Camere. Meloni tratta con l’Europa la ratifica dell’Italia del Mes in cambio del nuovo patto di stabilità come fosse al mercato. Meloni urla, si arrabbia con chi la critica, con chi la contesta, dice che non si lascia intimidire da un cartello esposto da Maggi di +Europa (sic!). Meloni non risponde alle domande dei giornalisti. Meloni fa la vittima ma in realtà controlla tutto e nessuno la contrasta veramente. E si potrebbe continuare a lungo, con Meloni che espropria il Parlamento, che una volta difendeva e quando glielo si fa notare risponde che così facevano anche i governi precedenti. Vero ma allora lei, che pure guida un governo politico di legislatura, non è diversa da tutti gli altri, come vuol far ancora credere. Meloni occupa tutti gli spazi, di potere e di comunicazione, e quando glielo si fa notare risponde che così faceva pure la sinistra. Vero ma la destra non dovrebbe fare diversamente dalla sinistra? Meloni delegittima e criminalizza le opposizioni, tacciate di essere antitaliane ma ergersi a unica rappresentante degli interessi nazionali è il peggior modo di celebrare la Nazione e di essere patriottici. Meloni ha voluto un ministro della Giustizia garantista ma ha sin qui solo istituito nuovi inutili reati, innalzato le pene e si propone ora di istituire impossibili reati universali e di affollare ancora di più le carceri di tossicodipendenti e di ingolfare ancora più i tribunali con i processi a loro carico. Meloni viaggia, gira il mondo, parla le lingue ma è isolata, in Europa e nella politica internazionale, da una parte partecipa al club dei sovranisti e dei nazionalisti, alle loro riunioni a Budapest e alle convention trumpiane ma dall’altra vorrebbe entrare a fare parte del salotto buono della politica che conta, che una volta contestava, dove è guardata con un misto di simpatia, incredulità e diffidenza. Meloni vince, ha vinto le elezioni regionali in Molise come quelle nelle altre regioni e città e come vincerà nelle prossime, Meloni guida il primo partito d’Italia ma è una donna sola al comando, non ha classe dirigente, si circonda di un cerchietto ristretto di amicizie e parentele, deve riciclare vecchi arnesi di altri tempi e abili marpioni buoni per tutte le stagioni. Meloni guida il governo ma non governa, deve gestire alleati riottosi come Matteo Salvini e complicati come quelli di Forza Italia e della famiglia Berlusconi ed è costretta a fidarsi, lei che non si fida di nessuno (e come potrebbe fidarsi dei La Russa, dei Crosetto, delle Santanché?), di Giancarlo Giorgetti e di Antonio Tajani ed è tutto dire. Meloni è abile nella propaganda ed essendo abile, e incontrastata, si appresta a celebrare come un successo il prossimo arrivo della terza rata del Pnrr, in ritardo da mesi, quando in realtà a giugno sarebbe dovuta già arrivare la quarta rata, della quale nessuno parla e per la quale nulla si sa. Meloni ha fatto la passerella con gli stivali in Emilia-Romagna dopo l’alluvione ma gli aiuti, gli stanziamenti per la ricostruzione tardano ad arrivare. E del Commissario, che finalmente sta per essere nominato, dopo liti e rinvii, l’unica cosa che per Meloni conta è che non sia il presidente della Regione maggiormente colpita dall’alluvione, perché è di sinistra e potrebbe candidarsi alle elezioni. Che modo meschino e misero di intendere le istituzioni! C’è stato qualche tentativo dei sindacati di fare i sindacati e delle opposizioni di fare l’opposizione, ma con manifestazioni con piattaforme confuse, che ai giusti temi sociali sovrappongono inaccettabili ambiguità in politica estera. Così la vera opposizione al governo e a Meloni si è vista altrove. Ai Pride, per esempio, nelle gioiose, ironiche, popolari, affollate e accaldate sfilate di questo mese per i diritti e le libertà sessuali. Manifestazioni non di partito ma di gente comune, di famiglie unite e diverse, che non sono nate per essere contro il governo ma per affermare diritti e persone. Ma poi di fatto lo sono diventate, se il governo è contro questi diritti e queste persone, con i loro figli. C’è speranza dunque, anche per Meloni, non solo perché, come si dice, l’amore vince sempre sull’odio ma perché la libertà vince sempre, la realtà prevale sempre sulla propaganda e la modernità, il futuro che ne pensi la Premier …è inarrestabile.

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