Politica: la Premier Meloni non governa, fa l’influencer su tutto e rende ogni fatto irrilevante…

A partire dalla non partecipazione alle commemorazioni storiche delle stragi nazifasciste, come a Sant’Anna di Stazzema. Come già nell’estate 2023, anche lo scorso 12 luglio l’esecutivo, ha deciso di non inviare nessun rappresentante. Un’assenza che è stata notata e denunciata dal presidente della Regione Toscana Eugenio Giani: “Non vedo la presidente del Consiglio, non vedo ministri né sottosegretari”, ha dichiarato. “Sinceramente è una cosa grave e mi sarei aspettato ben altro. Lascia amarezza ed un profondo dispiacere questa assenza che ha segnato anche la cerimonia di ieri per la Liberazione di Firenze”. La tattica è semplice: non esserci per non dover professarsi “antifascista” e continuare, da remoto a intervenire su tutto l’altro che accade, nell’attimo in cui le cose avvengono. Si sa, l’influencer è maestra di vita nell’era dei social media. Ha il potere di indurre abitudini di acquisto e anche di giudizio sociale. L’influencer è un modello di comportamento: quel che fa e dice, come veste e come si atteggia, diventano modelli per il pubblico, la propria immagine è garanzia del prodotto. Un potere che le deriva da una credibilità attestata solo dalla quantità di follower. Meloni dà il là: determina il modo di giudicare un evento, una persona, un fatto e le sue parole diventano la realtà. Testimone di verità è lei; quel che pertiene ai fatti, passati e presenti, è irrilevante. E modifica e cambia atteggiamento per l’occasione. L’interazione diretta con il pubblico consente a chi guarda di stabilire un confronto tra sé e l’influencer, dal quale emergono sia le proprie imperfezioni che i modelli ideali a cui ispirarsi. L’influencer sfrutta l’insicurezza dei potenziali consumatori a proprio vantaggio per questo può promuovere una pubblicità sbagliata, come abbiamo visto con Chiara Ferragni. È il solito tranello del “io come voi” …ricordate Mussolini a torso nudo nella “battaglia del grano”? L’influencer è oggi, il modello di comunicazione di Giorgia Meloni, e della destra. Fa della sua immagine e delle sue parole su ogni questione, di costume o di politica, un testimonial per ottenere il gradimento del pubblico. Le ragioni del gradimento sono assolutamente indipendenti dalla politica del governo, le cui scelte pesano sul portafoglio degli italiani (ceto medio e lavoratori, i poveri sono ormai scomparsi dai radar) e tuttavia mantiene un alto gradimento. Un fatto degno dell’apprendista stregone. In realtà è un caso esemplare di astuta pubblicità sbagliata. Un primo esempio: porta con sé la figlia nel viaggio di stato in Cina. Aveva sempre intimato di non violare la sua privacy, e poi dà la figlia in pasto al mondo intero, per testimoniare la vita dura di una madre che lavora. Si tratta di una pubblicità sbagliata: una madre “normale” non può portare i figli in ufficio, in fabbrica o, a raccogliere pomodori. Quello meloniano è un modello di donna irreale. Ma serve alle donne in carne e ossa a comparare la loro condizione con la sua e a idealizzare un modello di vita. Che non lo si possa realizzare vale a fare di Meloni la testimonial di quel che sarebbe desiderabile. E così, dalla pubblicità sbagliata lei capitalizza consenso proprio dalle donne più distanti dalla sua condizione sociale privilegiata. Secondo esempio: l’attacco al rappresentante dei familiari delle vittime della strage fascista di Bologna del 2 agosto: “Grave dire che vi siano radici nella destra di governo”. Presentandosi, lei, vittima di un’offesa gravissima, quella di collegare il neofascismo stragista col neofascismo politico. E l’intero paese ha passato giorni, non a ricordare la strage e a parlare dei morti e dei sopravvissuti (ancora in attesa di un risarcimento) ma a fare un esercizio di revisione storica, per cui alla fine della fiera di storia non restava nulla. Restavano le opinioni della influencer e dei suoi megafoni di partito. La strage poteva essere persino stata pianificata dal Pci per le sue note relazioni con il terrorismo palestinese, ha vaticinato Federico Mollicone. Terzo esempio: le Olimpiadi, dove si è toccato il fondo della miseria dell’influencer-ismo. La pugile italiana che si ritira dopo una manciata di secondi perché il pugno al naso ricevuto dall’algerina l’ha fatta soffrire, basta a far dire all’infuencer Meloni che le regole per l’ammissione ai Giochi sono sbagliate, che l’identità sessuale della pugile algerina non rientrava nella norma. Da qui la canea di bullisti e razzisti che hanno fatto apparire la non democratica Algeria come un paese modello rispetto al nostro, che si pregia di essere popolato di persone con “tratti somatici” e sessuali definiti da madre natura, dunque giusti. Il pugile italiana una vittima delle cattive regole. Regole che, si sa, sono buone e valide solo se si vince. Infine: l’intervista al settimanale Chi, dove Meloni ha dato di sé l’immagine di una vittima dei cattivi (l’apposizione, che accidenti esiste ancora!), lei che tanto lavora, sacrificando affetti domestici per il bene della nazione. L’influencer ha archiviato i temi della politica e i metodi di informazione. Le conferenze stampa sono un ricordo del passato, i giornalisti che incalzano sono un’immagine sbiadita, la ricerca di fatti un disturbo da evitare. L’influencer è testimone del vero. La sua immagine, le sue parole, il suo giudizio su tutto quel che accade, politico e no, valgono come fatti. E dicono che tutto va bene, che viviamo nel migliore dei mondi possibili. Il messaggio pubblicitario è chiaro: scegliete l’Italia della destra…

E’ sempre tempo di Coaching! 

Se hai domande o riflessioni da fare ti invito a lasciare un commento a questo post: riceverai una risposta oppure prendi appuntamento per una  sessione di coaching gratuita

.

0

Aggiungi un commento