Politica: 2024, ben 4 miliardi le persone che vanno al voto nel mondo… ovunque si teme per la tenuta della democrazia. Anche in Italia la democrazia è a rischio…

“Anno storico”, il 2024. Così lo definisce la Csi-Ituc (la confederazione dei sindacati internazionali) nel segnalare all’attenzione dell’opinione pubblica mondiale un calendario fitto di appuntamenti elettorali che coinvolgeranno “più di quattro miliardi di persone” in 76 Paesi del Globo. Per questo il sindacato lancia una sua campagna, Per la democrazia, “con l’obiettivo di unificare il potere dei lavoratori” e nutrire la democrazia di una “visione sindacale”. “La democrazia nel mondo è gravemente malata – dichiara il segretario generale della Csi-Ituc, Luc Triangle – assistiamo a un aumento dell’autoritarismo, delle ideologie di estrema destra, dell’influenza negativa delle corporazioni sulla politica, e i diritti dei lavoratori si indeboliscono sempre di più”. Ma per Triangle: “le organizzazioni dei lavoratori avrebbero sia la capacità di guarire la democrazia” e anche, la ‘visione’ necessaria per “ringiovanirla”. “Se questa campagna sindacale- spiega il numero uno del sindacato mondiale – riuscisse a riunire il potere collettivo dei sindacati di tutto il mondo per difendere i valori democratici e i diritti dei lavoratori, iniziando proprio dal posto di lavoro e proseguendo fino al livello delle istituzioni globali, il successo sarebbe sicuro”. Sicuramente auspicabile l’obiettivo, tuttavia come non vedere che la destra populista articolata ma coordinata sul piano internazionale vi si oppone con forza e che, vi è l’assenza di un’opposizione altrettanto coordinata sul piano internazionale, capace di contenerla, restano quindi alte le fragilità democratiche. Tutti elementi che fanno guardare a quest’anno «con una buona dose di apprensione». Anche qui in Italia, quindi, la democrazia è a rischio. Se guardiamo alla Premier Giorgia Meloni e a Fratelli d’Italia nonché alla Lega e continuiamo a considerarli come fosse una destra conservatrice, ignorando che di sicuro la loro cultura non è la cultura politica di Reagan né della Thatcher né di Major. Ma è un’altra cosa, che ha che fare con l’ideologia dell’ostilità e del rancore. Non ve dubbio che la presidente del Consiglio è riuscita a: «raccogliere scontentezze di varia natura dai perdenti di una battaglia lontana, i nostalgici di un fascismo che non c’è più con quella dei perdenti di oggi, quell’enorme prateria del rancore alimentato dal disagio economico e sociale, oltre che dall’insofferenza per i nuovi diritti». Ma ha anche indirizzato i suoi elettori verso nemici comuni: «Ad Atreju nel suo discorso conclusivo ha elencato proprio la lista dei nemici: quelli con il reddito di cittadinanza, ma anche un migrante che occupa abusivamente una casa popolare o un carcerato che viene messo in libertà solo perché obeso e in cella non può essere curato». Tutti esempi per la destra populista, compresi gli «omosessuali», di «insopportabili trasgressione». Da quando è entrato in carica, il governo Meloni ha dato inizio alla sua (prevedibile, date le premesse) offensiva contro i diritti LGBTQ+ e tutte le concezioni di famiglia che esulano da quella tradizionale – ossia composta da madre, padre e figlio, quella che dal punto di vista della maggioranza di destra rappresenta l’unica famiglia concepibile dal punto di vista della natura e del diritto, insomma. E chi difende i diritti delle minoranze, per l’ex premier, viene guardato con ostilità: «È percepita come un nemico anche la Corte costituzionale, ossia il più alto organo di garanzia della Carta il cui compito è garantire anche i diritti di carcerati, migranti, omosessuali. Agli occhi degli elettori della destra populista le Corti finiscono per apparire espressione e garanzia di quelle minoranze che turbano il loro ordine. L’Abbiamo visto anche in Polonia e Ungheria: le prime ad essere messe nella lista nera sono state le Corti europee, poi le Corti nazionali». E questo può succedere anche in Italia: «Non c’è nulla che lo impedisca. Da noi fino a ieri ritenuto inconcepibile, ma oggi potrebbe accadere». È iniziata in Parlamento la discussione sul Premierato. La questione “premierato” è già stata criticata in passato. «Il premierato? Una frode per gli elettori». Così secondo il presidente emerito della Corte costituzione Giuliano Amato. È difficile trovare un costituzionalista che l’approvi. Si tratta di una frode per gli elettori», spiega Amato: «Meloni continua a sostenere che il premierato elettivo metterà fine ai ricatti dei partiti, invece è il contrario! Questa riforma consente ai partiti il massimo potere di ricatto perché il premier eletto dagli elettori ricava solo l’incarico e prima di avere la fiducia del Parlamento deve avere nominato i ministri. Ergo – dice ancora Amato – nella notte dei lunghi coltelli saranno i partiti a mercanteggiare ministri e posti di comando: o mi dai gli Interni o ti scordi la fiducia». E se da una parte si allontana la possibilità che questa destra approdi a una sponda conservatrice moderata, dall’altra l’opposizione prima di cambiare la destra deve «cambiare sé stessa – mettendo in difficoltà l’avversario politico. Ma per ora non si vede una vera competizione». In questi 19 mesi di Governo Meloni abbiamo assistito a un aumento dell’autoritarismo, delle ideologie di estrema destra, dell’influenza negativa delle corporazioni sulla politica economica e fiscale, indebolendo ulteriormente i diritti dei lavoratori dipendenti a discapito dei così dette “autonomi”. Se guardiamo alle anteprime elettorali concluse (Sardegna, Abruzzo, Basilicata) finora, la sfida è di quelle assai difficili con le elezioni europee la settimana prossima… con le destre che tentano “spallate” per cambiare gli assetti attuali della maggioranza di governo a Bruselles. Ricordiamoci che il 2023 si è concluso con due affermazioni tutt’altro che promettenti, quelle di Milei in Argentina e dell’olandese Wilders nel cuore dell’Unione europea. Due “figli” di Trump e Bannon, populisti, estremisti, apertamente di destra. In Portogallo, a marzo, ha vinto di un filo la coalizione di centrodestra Alleanza Democratica, il cui leader, Luís Montenegro, ha ricevuto l’incarico di formare un governo che sarà, però, di minoranza. La vera novità del voto lusitano, infatti (e purtroppo), è quel 18 per cento di consensi ottenuti dal partito di estrema destra Chega (Basta), che ha raddoppiato il risultato del 2022 e ha ottenuto 48 seggi in Parlamento. Il partito guidato da André Ventura ha quadruplicato i seggi dal 2019, anno della sua fondazione. Ma Montenegro ha escluso una coalizione di governo che includa l’estrema destra. “I segnali in Europa sono comunque contraddittori. Il voto in Polonia con Donald Tusk  ha impresso una svolta europeista a quel Paese. In Spagna, con una risicatissima maggioranza, il centrosinistra tiene. Ma più in generale, purtroppo, se guardiamo alla maggioranza dei governi nei Paesi europei, ci troviamo di fronte a coalizioni ‘blu-nere’. Quindi conservatori al potere oppure – come ad esempio accaduto in Olanda, in Italia e in alcuni paesi nordici, inclusa la Svezia – governi a carattere autoritario quando addirittura neofascista. “Questa situazione è anche il frutto delle politiche di austerità”. La battaglia per la democrazia si deve concentrare su tre livelli: democrazia sul lavoro. Vanno sottolineati i diritti fondamentali dei lavoratori, ovvero la libertà di associazione, la contrattazione collettiva e il diritto di sciopero; responsabilizzare i lavoratori nei loro luoghi di lavoro. Democrazia nella società. Sostenendo la libertà di parola, sistemi fiscali equi, uguaglianza di genere, protezione sociale e servizi pubblici di qualità e sfidare il predominio degli interessi aziendali e delle ideologie di estrema destra. Democrazia a livello globale. Chiedere la riforma delle strutture economiche internazionali per dare priorità ai diritti umani, a un sistema finanziario globale giusto, a un’equa cooperazione tra le nazioni e a una sicurezza comune pacifica. “Di fronte alle crescenti sfide alla democrazia e ai diritti dei lavoratori, è imperativo unirci oltre i confini per garantire che le nostre voci siano ascoltate. Così possiamo respingere l’ascesa dell’estrema destra e altre minacce alla nostra democrazia mobilitandoci con i sindacati di tutto il mondo per chiedere un nuovo contratto sociale con valori democratici e diritti dei lavoratori al centro, per chiedere una società globale più giusta”…

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