Politica: Elezioni Europee, l’affluenza più bassa nella storia repubblicana. Più si è poveri, meno si vota. Chi non ha votato? L’astensionismo in Italia. Calo nell’Ue…

Già non se ne parla più: con il 49,69% di votanti il vero protagonista di questa ultima tornata elettorale europea è stato l’astensionismo. Ad abbassare la Media il Sud e le Isole. Pochi votanti nell’Europa mediterranea. Mai così pochi elettori alle urne in Italia da quando si vota per il parlamento dell’Unione europea, ma anche nella storia repubblicana. Il dato dell’affluenza è inequivocabile: al di là di chi ha vinto o perso questa tornata elettorale, con il 49,69% di votanti il vero protagonista è stato l’astensionismo. Si tratta di un record negativo a livello assoluto: le Europee del 2024 sono risultate le prime elezioni della storia della Repubblica in cui i votanti sono stati meno di uno su due. Un dato che colpisce anche alla luce del fatto che per questo voto sono scesi in campo direttamente molti leader di partito, che a quanto pare non hanno convinto gli elettori a recarsi alle urne. Il dato del 49,69% di affluenza è inferiore al 63,9% delle politiche che si sono tenute nel settembre 2022, ma anche rispetto al 54,5% delle Europee 2019. A sorprendere è anche il fatto che questa volta, votando in 3.700 comuni per le Amministrative e per la Regione Piemonte, la partecipazione al voto per il Parlamento europeo avrebbe dovuto beneficiare di un maggiore afflusso. In realtà l’aumento dell’astensionismo è un fenomeno che dura da tempo e non sembra arrestarsi. Ad eccezione del 2004, quando il dato definitivo fu del 73% e superò il 70,8% del 1999, l’affluenza per le europee ha visto un costante e progressivo vistoso calo. Nel 2014 votò, alla chiusura dei seggi, il 57,22% degli aventi diritto mentre nel 2019, quando si votò solo di domenica, alle urne andò il 54,5%. L’affluenza più alta si è registrata non a caso nella circoscrizione Italia Nord Occidentale, che comprendeva il Piemonte, con il 55,09%, seguita dall’Italia Nord Orientale, con il 53,96%, dall’Italia Centrale con il 52,54%. Ampiamente sotto il 50%, invece, l’Italia Meridionale, con il 43,72% e l’Italia Insulare, con il 37,77%. Molto più alta l’affluenza per le amministrative: 62,68%, anche se la precedente tornata elettorale per i comuni aveva portato alle urne il 67,75% degli aventi diritto al voto.

L’astensionismo il giorno prima è un problema per tutti. Il giorno dopo solo per chi ha perso, che così si parla d’altro. Tempo 72 ore ancora e la questione sparisce dai radar. Fino alle elezioni successive, si intende, quando il ciclo ricomincia più o meno allo stesso modo. Perché l’affluenza in calo nel nostro Paese è ormai una tendenza di lungo corso. E dunque si ripresenta. E con essa le discussioni. Parlare di astensionismo tout court sarebbe superficiale, e ci sono due tendenze che meritano attenzione: L’affluenza degli italiani alle urne per le amministrative ha superato quella delle europee; per le europee hanno votato di più gli italiani delle regioni ricche, mentre l’affluenza crolla tra le regioni più povere e nei piccoli centri. Il primo punto dimostra che c’è una scelta chiara da parte degli elettori, e che l’astensionismo non è semplicemente figlio del lassismo. Se così fosse, i dati delle europee e delle amministrative sarebbero uguali, una volta arrivati al seggio, basterebbe votare per entrambe le elezioni. Se questo in molti casi non avviene, la ragione non può essere che gli italiani preferiscano il mare alle urne. Chiaramente, il contemporaneo voto per le amministrative in oltre 3.700 comuni e delle regionali in Piemonte ha in parte migliorato il dato delle europee. Secondo le stime di YouTrend, in media nei comuni dove si votava solo per le europee l’affluenza è stata del 42,2%, mentre dove si votava sia per le europee sia per le amministrative è stata del 62,8%. Nelle elezioni europee più recenti, quelle del 2019, votarono il 54,5% degli elettori italiani, un dato superiore a quello delle elezioni europee 2024, anche se cinque anni fa, in Italia, si votò solo di domenica. Anche in quella circostanza si andò alle urne anche per le regionali in Piemonte e in circa 3.800 comuni. Spostando lo sguardo sul panorama europeo, l’astensionismo record si è registrato nel 2009 e nel 2014 con un tasso di partecipazione al voto vicino al 43% (42,97% e 42,61%), mentre il calo maggiore registrò tra le elezioni del 1994 e quelle del 1999, quando l’affluenza passò dal 56,7% al 49,5%. Dal 1999 in poi, quindi, la maggioranza assoluta dei cittadini europei ha disertato le urne. Occorre però considerare che nel corso del periodo storico considerato l’Unione Europea si è allargata a un numero crescente di Paesi membri, ognuno con la propria tendenza più o meno forte al voto. Uno spartiacque, poi, è stato registrato nel 2004, anno del grande allargamento a Est dell’Unione. Quell’anno aderirono all’Ue ben 10 Paesi (Polonia, Ungheria, Slovenia, Slovacchia, Repubblica Ceca, Estonia, Lettonia, Lituania, Cipro e Malta), a cui se ne sono aggiunti altri due nel 2007 (Bulgaria e Romania), arrivando ai 27 Stati membri attuali e con l’ingresso di altri Paesi all’orizzonte…

L’affluenza al voto in Italia continua a mostrare un trend preoccupante di diminuzione, con una partecipazione elettorale particolarmente bassa nelle regioni meridionali e insulari. Questa tendenza evidenzia la necessità di avvicinare la politica ai cittadini, soprattutto in quelle aree dove la povertà cresce e la presenza delle istituzioni diminuisce. Come avvenuto nelle precedenti tornate elettorali, l’affluenza al voto in Italia ha mostrato marcate differenze tra le varie regioni e anche alle europee 2024, il Nord del Paese ha registrato un astensionismo molto più basso rispetto al Mezzogiorno. I dati di affluenza per circoscrizione: Italia Nord-Occidentale: la partecipazione è stata del 55,1%; Italia Nord-Orientale: ha votato il 54% degli elettori; Italia Centrale: l’affluenza ha raggiunto il 52,5%; Meridione: solo il 43,7% degli aventi diritto si è recato alle urne; Isole: La partecipazione è stata la più bassa, con solo il 37,8%.

L’analisi non può chiudersi sull’Italia, anzi ci regala uno spunto interessante guardando all’Ue: le stesse tendenze italiane sull’astensionismo si riscontrano nel resto dei Ventisette. Senza voler scomodare Tacito e la sua ‘Germania’ (che metteva in relazione la latitudine geografica alle usanze dei popoli), emerge come i Paesi dell’Europa settentrionale, che generalmente godono di un’economia più forte, hanno registrato quasi ovunque tassi di partecipazione più alti rispetto ai Paesi del Sud e dell’Est Europa. La questione si riversa anche nelle città lungo tutta l’Ue. Nelle grandi città e in quelle più ricche si registrano cali più contenuti di partecipazione al voto e resistono i partiti più tradizionali come i progressisti e i conservatori liberali. Nei contesti rurali, invece, cresce l’astensionismo e il supporto ai partiti di estrema destra e che, più in generale, fuoriescono dalla logica del bipolarismo. In Italia, il Movimento 5 Stelle ha superato il 20% dei voti solo in Campania e il 15% in Sardegna, Sicilia e Calabria, confermando raccogliere al Sud la maggior parte dei voti. Il partito, oggi istituzionalizzato ma nato come movimento anti-establishment, è dietro in tutte le regioni del Nord, e in Veneto, Valle d’Aosta e Trentino-Alto Adige si è fermato non ha raggiunto il 5%. Infine, un dato particolare viene dalla Lega. Nonostante abbia trovato voti soprattutto al Nord, il partito guidato da Salvini ha riscosso maggior successo nel Molise, dove ha raggiunto il 17% delle preferenze. Numeri e riflessioni da tenere a mente, mentre prende forma il nuovo Parlamento europeo. Quando poi, come nel caso delle ultime Europee, passa dal 54,5% del 2019 al 48,31%, dunque sotto la soglia psicologica del 50%, la situazione diventa ancora più eclatante. E quindi, proprio perché la finestra dell’attenzione al tema è ancora aperta (per poco), vale la pena di provare a fotografarla in alcune delle sue sfaccettature. Prima che i battenti si richiudano di nuovo. Il problema non colpisce tutta l’Italia allo stesso modo e non riguarda uomini e donne alla stessa maniera. Qualche mappa per fotografare una questione prima che sia accantonata, fino alle prossime elezioni… Una premessa: l’astensione non è un problema solo italiano. Quando si presenta al di qua delle Alpi assume però una connotazione decisamente tricolore. Tristemente tricolore, verrebbe da aggiungere. Come molte delle questioni economiche e sociali che attraversano il nostro Paese, anche la fuga dai seggi si caratterizza geograficamente. E questo significa, fin dai tempi dell’unificazione dell’Italia, una differenza significativa tra nord e sud. E così se coloriamo i confini di ogni comune italiano con un colore la cui intensità cresce insieme alla percentuale di affluenza otterremo un nord e un centro più scuri e un sud e, ancora di più le isole, più chiari.

L’indizio è sufficientemente forte e cromaticamente lampante. Nel Mezzogiorno si è votato di meno. Non mancano eccezioni, ovviamente. Soprattutto in Puglia. A Gioia del Colle, provincia di Bari, è andato a votare il 68% dell’elettorato potenziale. Stessa cosa a Santeramo in Colle (70,3%). E nella stessa Bari l’affluenza ha toccato il 60%. Ma c’è un però. In quei centri si votava anche per comunali. E questo ha fatto decisamente alzare l’asticella della partecipazione. La dinamica vale al sud ma anche altrove. Spiegazione analoga, infatti, si può trovare per quella macchia scura che emerge tra Umbria e Toscana. Nei comuni di Orvieto, Montecchio e Alviano, solo per citarne alcuni, l’affluenza ha superato il 70%. E, non a caso, le urne erano aperte anche per l’elezione del sindaco. Ma non c’è solo la geografia (e dunque la politica e l’economia ad essa collegate) che modellano la partecipazione al voto. O la mancata partecipazione. Ci sono anche altri fattori. Uno, per esempio, è il genere. In queste Europee 2024, infatti, l’astensione ha colpito più le donne (48,8% alle urne nelle circoscrizioni italiane) che gli uomini (50,5%). Per capirlo meglio basta scomporre i dati dell’affluenza. E scoprire che nella maggioranza dei comuni italiani la partecipazione è stata più bassa tra le femmine che tra i maschi.

I colori, anche in questo caso, aiutano. In una scala di azzurro sono rappresentati sulla mappa i centri nei quali l’afflusso maschile ai seggi è stato, in punti percentuali, più alto di quello femminile. In una scala di rosso quelli in cui è accaduto il contrario. Il colpo d’occhio è rivelatore. Senza contare che anche in questo caso la geografia ci si mette di mezzo. Si può osservare infatti che l’azzurro – comunque prevalente in tutto il Paese – cresce nel Meridione. Significa che nel Sud Italia la differenza di partecipazione a favore dei signori è maggiore. Il contrario accade in Alto Adige. Lassù, in controtendenza rispetto al resto dello Stivale, nella maggior parte dei comuni l’affluenza femminile supera quella maschile.  Attenzione, però. Stiamo parlando di percentuali e non di voti assoluti. Se si prendono in considerazione le schede, le femmine hanno superato i maschi. Le donne, tuttavia, sono una parte maggiore del corpo elettorale. E in proporzione, rispetto al totale di riferimento, si sono recate meno ai seggi. Un fenomeno, questo, che in teoria dovrebbe in teoria suscitare l’interesse di Giorgia Meloni ed Elly Schlein, due donne alla guida delle più importanti forze politiche del Paese. Per una questione di cultura e di parità. Ma forse, chissà, anche di convenienza elettorale. I dati utilizzati per queste mappe sono stati messi a disposizione dall’associazione onData, organizzazione che promuove l’accesso ai dati pubblici. I dati dei risultati delle Europee a livello comunale non erano infatti ancora disponibili pubblicamente in formato aperto sul sito del ministero degli Interni al momento della stesura di quest’articolo. In passato ci sono voluti anche parecchi mesi prima che lo fossero. Infine, un ultimo accenno sull’astensionismo avuto alle elezioni europe: bassa affluenza anche nell’Europa del Sud. Ogni Paese europeo fa però storia a sé. In Germania si è registrato un record di affluenza dai tempi della riunificazione, con il 64,8% degli elettori aventi diritto che si sono recati alle urne. In Francia l’affluenza è stata del 51,5%, di poco superiore al 50,12% del 2019. Come in Italia anche in Spagna ha votato meno di un elettore su due: 49,21%, che pur non essendo il dato più basso in assoluto è molto inferiore al 60% delle precedenti europee. A colpire è la Croazia, dove ha votato solo un elettore su cinque e l’affluenza è risultata del 21,34%. Tra i Paesi, da segnalare la grande partecipazione al voto in Ungheria, con il 58,54%, il dato negativo della Grecia, il più basso di sempre, con il 41,39% e del Portogallo, col 37,52%, basso ma pur sempre in risalita rispetto al 30,75% precedente.

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