Politica: Gran Bretagna, valanga laburista. Tory al minimo storico. Keir Starmer: «Inizia il cambiamento». Il Labour dopo 14 anni torna al n° 10 di Downing Street. Un Pd all’inglese o alla francese? Schlein preferisce la via italiana per battere la destra sul terreno sociale…

Com’era prevedibile, i risultati delle elezioni nel Regno Unito vista la valanga del Labour, hanno innescato subito, qui da noi, la discussione sulle lezioni da trarne anche per il riformismo italiano. La Sinistra è in difficoltà da tempo e i nostri, c.d. ‘riformisti moderati’, si sono immediatamente sentiti incoraggiati  a dir la loro. Utilizzando argomenti a favore del solito ‘moderatismo’, per un più netto impegno della Sinistra italiana nell’analoga direzione del Labour, invitando ad evitare un riformismo dai contenuti radicali, tacciato di massimalismo. In modo che la Sinistra italiana possa così avere un’analogo successo. In realtà, le cose qui da noi ma direi più in generale in Europa, sono alquanto più complicate di come appaiono.  Oggi, sicuramente si può guardare a Londra e prendere ispirazione. Vista altresì la lunga attraversata fatta dal Labour nel deserto della politica inglese, dopo la caduta dell’ultimo governo Blair e dopo la Brexis. Dopo aver rinnovato il partito Keir Starmer l’ha portato ad una ampia vittoria. Tuttavia, le elezioni britanniche ripropongono il classico dilemma della Sinistra nelle democrazie avanzate. Rendere la propria offerta politica più attraente per i ceti medi, più abbienti e istruiti, in modo da poter andare al governo e restarci, ma perdendo così la capacità di rappresentare i gruppi sociali più deboli. Che abbandonati a sé stessi, finiscono ostaggi del più bieco populismo e alla fine finiscono per votare la destra? Giusto celebrare il Labour, ma guai a considerarlo l’unico modello possibile. Scordandosi che più a nord ci sono esperienze di successo maggiormente legate alla ragione sociale della Sinistra. Infatti, se si mettono a confronto le esperienze della sinistra nei vari paesi occidentali, emerge chiaramente come quelle di maggior successo (nel senso di mantenere un equilibrio tra radicamento nell’elettorato popolare e capacità di attrarre il consenso dei ceti medi) siano state le socialdemocrazie consolidate del centro-nord Europa. Esse sono potute andare al governo e rappresentare le istanze dei gruppi più deboli. Lo hanno fatto con relazioni industriali e sistemi di welfare estesi e incisivi, ed economicamente sostenibili. Non hanno compromesso così le finanze pubbliche che hanno continuato a far da stimolo e essere una risorsa per la crescita economica complessiva. Sappiamo bene che anche le socialdemocrazie nordiche hanno oggi i loro problemi, ma restano sicuramente un punto di riferimento essenziale per una Sinistra che voglia promuovere uno sviluppo sostenibile e contrastare le disuguaglianze prodotte dal neoliberismo. Se in questa chiave, leggiamo la vittoria del Labour sembra fondata vedere la soluzione al dilemma accennato della Sinistra nel senso di una maggiore omologazione alle ricette liberal-democratiche (oggi, purtroppo tutte improntate al neoliberismo) che guardano ai ceti medi istruiti, più che a quelle socialdemocratiche che mantengono un maggior equilibrio anche verso i gruppi sociali più deboli. Senza peraltro avere l’ambizione e la capacità innovativa che ebbe, sicuramente all’inizio, l’esperienza della Terza Via di Blair. Finita e scomparsa col l’assunzione da parte di Blair e dei suoi governi delle ricette economiche che furono già di Margaret Thatcher. Questa connotazione ancora un’altra volta  guarda al moderatismo ed è anche modesta negli obiettivi che si pone. Tutto ciò, emerge chiaramente dai discorsi di Keir Starmer e dal suo programma di governo. Vediamone qualche punto: primo lo spazio molto rilevante dato alla difesa dei confini e al controllo e alla restrizione dell’immigrazione, insieme alla lotta alla criminalità, con il potenziamento del personale pubblico preposto. Secondo, l’assenza di ogni riferimento esplicito alle disuguaglianze sociali in un paese con la più alta disuguaglianza di reddito tra le democrazie europee, cresciuta peraltro fortemente durante il lungo periodo di governo dei conservatori durato ben 14 anni. Si è così determinato anche un incremento significativo della povertà, e soprattutto di quella minorile, provocato da tagli rilevanti al welfare. In particolare, agli assegni sociali alle famiglie con figli (la parola disuguaglianze compare solo 4 volte nel Manifesto, contro 54 di sicurezza e 47 di crescita). E ancora, l’assenza o la forte carenza di politiche redistributive esplicite, volte a ridurre le disuguaglianze si accompagna a grande prudenza in campo fiscale, con la sostanziale conferma del quadro di riduzione della pressione fiscale ereditato proprio dai conservatori. Tutto ciò si accompagna infine a una concezione ottimistica d’impronta neoliberista della crescita. La convinzione che funzioni il principio che “l’alta marea solleva tutte le barche” e che quindi abbassando le tasse, favorendo gli investimenti e lasciando più libere le imprese cresca l’occupazione e si riducano le disuguaglianze. La solita ‘idea peregrina’ tutt’altro che dimostrata. Naturalmente ci sono molte altre cose buone nel programma del Labour: investimenti nelle infrastrutture disastrate, nell’istruzione, nel servizio sanitario nazionale in grave crisi. Interventi efficaci in questi campi, si sa bene, che possono influenzare anche migliorandole in termini di una loro riduzione le disuguaglianze e la povertà. In ogni caso, è giusto che la vittoria del Labour sia valutata positivamente dal punto di vista della Sinistra. A patto che non se ne faccia l’unico modello di riformismo possibile. Ora, personalmente mi sembrano chiare, le analogie con la situazione italiana, ma non solo. La nostra situazione, con Giorgia Meloni al governo con una destra dalla postura autoritaria, chiede necessariamente un altro riformismo molto più legato alla ragione sociale della Sinistra – di stampo nettamente socialdemocratico – che contrasti le tante disuguaglianze esistenti – anche per contrastare l’ascesa delle destre in Europa. “Facciamo anche noi come Starmer, dice Giorgio Gori, già sindaco di Bergamo e, oggi, neodeputato Pd in Europa. Ma la Sinistra Pd conosce bene l’antifona: chi esalta Starmer dice che il Pd vincerà solo guardando al centro. Anche se il “centro” al momento non c’è. E poi, c’è  la linea di Schlein? «Non serve a nessuno una discussione politologica sul centrismo. Il Labour è la sinistra britannica, sia quando la dirige Corbyn sia quando la dirige Starmer», ragiona il deputato Arturo Scotto. «Tra l’altro, se confronto i dati, Starmer prende 600mila voti in meno rispetto alla campagna elettorale persa cinque anni fa da Corbyn. Ma allora la destra era unita. Oggi pesano innanzitutto quattordici anni di errori dei conservatori. E pesa la bravura di Starmer. Evitiamo giudizi piegati sulla realtà italiana. Cerchiamo di essere meno provinciali». «Starmer ha vinto, benissimo», applaude anche Nico Stumpo, che però è uomo di numeri, e li snocciola: «Nel 2017 il Labour di Corbyn ha preso quasi 13 milioni di voti, nel 2019 più di 10 milioni, oggi il Labour di Starmer ne prende 9 milioni e 600mila. La vittoria della sinistra oltre alla propria proposta viene anche dal disastro dei Tory, dall’astensionismo e dalla divisione delle destre». La Gran Bretagna non è più in Europa ma il Labour rimane ancorato al Partito socialista europeo, oltre che all’Internazionale socialista ovviamente. Mantenendo quindi relazioni e contatti con il Pd. Il responsabile esteri dem Peppe Provenzano dice l’exploit laburista «ci dimostra che pur in un tempo di ritorno dei nazionalismi la destra si può non solo arginare, come speriamo avvenga anche domenica in Francia. Ma si può anche battere». Come? «Si batte sul terreno sociale, dove non ha risposte e più forte è la sua contraddizione, è avvenuto in Spagna, avviene a Londra. Siamo anche noi al lavoro perché avvenga anche qui, non inseguendo né assumendone i modelli, ma dialogando e coordinandoci con le forze della Sinistra internazionale. Non possiamo lasciare l’internazionalismo ai nazionalisti». Ragiona Provenzano: «Starmer ha saputo riunire il Labour con un programma che si basa sulla difesa del sistema sanitario nazionale, un rinnovato impegno ambientale con abbondanti investimenti pubblici e la ricostruzione delle infrastrutture nazionali. Mentre sul piano della ripresa economica, non sono ancora del tutto chiare le differenze con gli aspetti delle proposte conservatrici, bisognerà vedere cosà succederà nei fatti». Comunque, dopo Gori, anche altri esponenti dell’area riformista del Pd: Lia Quartapelle, Filippo Sensi, Pietro Bussolati e Diego Castagno hanno scritto un instant book dal titolo “La Quarta via. Il Changed Labour”, proprio per approfondire il metodo Starmer. Una cosa è oggettiva: i laburisti inglesi oggi vengono guardati con maggiore simpatia in quella Sinistra considerata moderata, oppure ex-blairiana, non a caso Matteo Renzi — che non si definisce più di Sinistra — già ieri festeggiava come se avesse vinto lui le elezioni britanniche. «Le cose più interessanti per me — riflette Quartapelle — sono l’ambizione di conquistare i voti degli altri. In Francia si tenta di fare argine contro l’estrema destra, il Labour ha cominciato a chiedersi come convincere gli elettori che non li votavano ed è una cosa che non si fa più». Secondo punto: «La credibilità sulla politica estera, atlantista e pro-Ucraina senza incertezze, e un’agenda sociale forte, con interventi da socialisti del primo Novecento». Terzo, «Starmer ha preso sul serio le preoccupazioni dell’elettorato, ad esempio sull’immigrazione. Ricordo che i fratelli Miliband non volevano parlarne, lui ha ascoltato e provato a dare risposte». Sensi cita questi fattori: «Crescita, creazione di ricchezza, sicurezza, contrasto alla criminalità, la fine del corbynismo e il recupero del meglio della stagione di Blair. Una “quarta via”, meno cool, ma solida, rivolta a tutto l’elettorato, e non solo alle tradizionali bolle della Sinistra. Una lezione per tutti i progressisti». Dopodiché Starmer, forse proprio per via del suo approccio definito “pragmatico”, non scatena un entusiasmo trasversale a Sinistra. In Europa… e per un gran pezzo del centrosinistra italiano… oggi, più incline a seguire quella “mite radicalità” portata avanti dalla Segretaria del Pd Elly Schlein… che ha comunque scosso positivamente “il corpaccione del Pd e parte del suo elettorato… portando il partito democratico a ben il 24% dei consensi, solo poche settimane indietro, primeggiando in molte Città andate in occasione delle elezioni europee anche al voto amministrativo per l’elezione dei Sindaci… In Italia e in Europa occorre che ritorni con chiarezza una visione del riformismo che unisca nella prospettiva socialdemocratica l’indirizzo economico e sociale del vecchio continente… Ma intanto, tutti d’accordo: Keir Starmer meglio lui che Sunak a Downing Street…

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