Politica: i risultati elettorali delle europee ci dicono del cambiamento geopolitico in corso nel Mondo. Più di 4miliardi di abitanti della terra saranno chiamati al voto nel 2024. In Europa, da Londra a Parigi un solo messaggio capitalismo e liberismo hanno fallito e sono messi in discussione quale sarà il futuro della sinistra…

La globalizzazione ha prodotto senso di abbandono, sofferenza, cinismo verso gli ultimi. Sentimenti confluiti in un rigurgito reazionario. Che ora in Europa sull’onda dei fatti inglesi (il ritorno del Labour) e francesi (ennesimo stop alla Le Pen) va trasformato in un nuovo respiro comunitario capace di rifondare la nostra società.

Nei risultati elettorali della Gran Bretagna, e ancor più della Francia, emerge un dato sopra ogni altro. È stata arginata, al momento persino sconfitta, l’ondata nera che sembrava dover dilagare in tutta Europa. Dopo la tornata elettorale dell’8 e 9 giugno scorsi. Con una partecipazione giovanile militante e appassionata che non si vedeva da decenni. Sottolineo “al momento”. Nel futuro essa si potrà ripresentare se non saranno indagate le ragioni che le hanno permesso di irrompere. Sappiamo quanto l’effetto di uno sviluppo iper-capitalista e globalizzato neoliberista (i cui interessi sostanziali sono stati ben difesi dall’insieme dello schieramento conservatore e reazionario) abbiano determinato un individualismo caotico e spaesante (il cittadino è diventato consumatore), in grado di mettere in discussione le certezze e l’identità di tanti cittadini occidentali. Paradossalmente è proprio lì che la destra ha trovato la faglia per introdurre la sua predica maligna. Sovranismo e nazionalismo contro ogni tipo di governo sovranazionale ed europeo; localismo e regionalismo contro l’unità nazionale; populismo accusatorio rivolto a combattere le diversità, le differenze, le minoranze, le culture estranee; la famiglia tradizionale contro reti aperte di solidarietà e i diritti delle persone. Per questa via, la destra è apparsa ridare una identità a chi l’aveva perduta, seppure priva di ogni sostanza, autenticità e capacità di affrontare i problemi emergenti. Questo è stato possibile anche perché è mancata per decenni alla sinistra una visione critica: un approdo di speranza, di una idea diversa e credibile di società. Dall’89 in poi, la stessa sinistra ha subito l’“oggettività” di “questa” globalizzazione, in alcuni casi diventandone complice e protagonista, con conseguenti costi sociali. La parte più fragile e sofferente della società non sentendosi difesa ha così ripiegato, in buona parte, sulle illusioni suscitate dal rigurgito reazionario. Rispetto a questo scenario, pare muoversi oggi qualcosa di diverso. A partire dalla composizione sociale generazionale e persino etnica (con le banlieue protagoniste del movimento antifascista) di coloro che hanno premiato nel voto le forze progressiste. Respingere l’attacco è stato decisivo. Ora si tratta di costruire la nostra alternativa. Partendo da una constatazione semplice: la politica torna nel solco delle famiglie tradizionali, delle categorie interpretative che distinguono destra e sinistra. Con l’ambizione di rigenerare storie e linguaggi. Anche per questo il Movimento 5Stelle finisce per aderire a The Left, approdo che chiarisce definitivamente la scelta progressista del movimento guidato da Conte. Il fronte repubblicano, l’antifascismo, lo spirito di libertà che ha riconquistato tanti elettori è un punto di partenza, non certamente la soluzione. In chi ha vinto rimane una contraddizione: convivono, infatti, una fiducia, seppure declinata democraticamente, delle ricette liberiste, insieme a una sinistra plurale, radicale, decisa e che, proprio per questo, ha attratto larghi consensi; tuttavia esposta, se isolata, a forme di populismo e movimentismo agitatorio. Il tema vero sarebbe trovare un terreno minimo di convergenza su una ispirazione di fondo che a questo punto ai più dovrebbe apparire abbastanza chiara. Non è facile, ma va testardamente tentato. In primo luogo: non appare più sostenibile una posizione autenticamente liberale, se non si mettono in discussione gli effetti dell’ipercapitalismo imperante. I liberali non possono esimersi dall’impegno di riformare e correggere un’organizzazione sociale che ha messo al centro la merce e solo la merce. Un capitalismo cannibale. E dunque: l’individualismo narcisista del consumatore, l’indifferenza per l’altro, il cinismo verso la povertà, le disuguaglianze e qualsiasi slancio di solidarietà. Tutto questo sta spezzando e svuotando la stessa democrazia, aprendo la strada all’autoritarismo e al populismo di destra. Peraltro, sono proprio i nuovi caratteri della globalizzazione, o della deglobalizzazione che dir si voglia, ad imporre un ripensamento dei paradigmi imposti dal pensiero neoliberale. La pandemia e le guerre, le transizioni e gli shock conseguenti, pongono il tema di una guida dei processi in una competizione che è sempre più tra sistemi economici piuttosto che tra imprese. In secondo luogo: la sinistra deve sviluppare fino in fondo la vocazione e l’ambizione del governo di società complesse come le nostre. Evitando che il fuoco “positivo” che si è acceso nel cuore degli ultimi, resti confinato in una sorta di sindacalismo esasperato, locale o nazionale. Melenchon, dopo la sua straordinaria vittoria, ha fatto bene a rivendicare soprattutto le sue proposte economiche e sociali (su questo terreno anche il Pd ha preso slancio). Pesa, tuttavia, su di lui il compito di dare un governo alla Francia; vale a dire di trovare un compromesso avanzato e sostenibile. Quello che si pone non è un tema che si risolve in un giorno. Occorre, però, iniziare da qualche parte. L’Occidente e l’Europa sono stati in grande misura sequestrati dalle oligarchie neoliberiste. Aprire una nuova fase vuol dire unire le energie produttive industriali e dei servizi migliori, più sane, più innovative con l’insieme della sinistra per uno sviluppo più umano e di civiltà. Nelle ultime elezioni europee, in Italia, la sinistra e in particolare il Pd hanno realizzato un balzo in avanti. Elly Schlein nella campagna elettorale è andata al sodo: difesa dello stato sociale e soprattutto della sanità pubblica, dei salari dei lavoratori, dell’unità d’Italia per garantire i servizi essenziali. La destra italiana è stata rimasta ormai senza veli. Ma, è tutt’altro che sconfitta. Anche da noi, dunque, alle forze progressiste spetta costruire un’alternativa di società e di governo. Partiamo avvantaggiati. Perché il Pd e i 5Stelle hanno già governato insieme. E molto bene, fino al punto di intaccare troppe compatibilità ed essere, perciò, strozzata anzitempo l’esperienza che li univa. E inoltre, perché il vero terreno comune alle componenti più moderate e liberali e alla sinistra critica lo abbiamo già sotto i nostri piedi: la Costituzione italiana; che chiede di essere inverata in ogni fase nuova della vita repubblicana. Secondo alcuni principi chiari: la pace, la solidarietà, l’intervento equilibratore dello Stato, la libertà delle persone che significa garanzia di un reddito adeguato, lo spazio ad ogni forma di iniziativa d’impresa, sociale, associativa e civica. Oggi più che mai questa ispirazione appare attuale, e su di essa si potrebbero ritrovare formazioni con storie e sensibilità diverse, ma tutte sinceramente repubblicane…

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