Politica: La sinistra e la questione fondamentale dell’Europa. Progressisti in movimento. L’Italia, l’anello debole del riformismo…

parte seconda…

Lasciamo sullo sfondo l’attualità italiana del momento: con la situazione dei conti pubblici che è drammatica… il quadro economico dell’Italia, che va peggiorando ulteriormente. La Meloni che alla fine potrebbe rompere con l’Europa, tornando all’estrema destra, nel tentativo di respingere “l’assalto alla baionetta” lanciatole da Salvini; e poi c’è il nuovo decreto sull’immigrazione, il quinto in nove mesi, l’altra faccia della stessa medaglia di questo discutibilissimo governo. Con questa destra a Palazzo Chigi al Paese servirebbe un’opposizione dura e coraggiosa e ora il compito del Pd è soprattutto quello di costruire un’alternativa chiara, ma purtroppo, non senza un certo sconforto, perdurano enormi difficoltà nel costruire una reale alternativa. Difficile, addirittura, tenere in piedi un unico schieramento sui principali argomenti all’ordine del giorno, che possa trasformarsi in una incisiva azione di contrasto e fermare i tanti eccessi di questa destra che guarda sempre più a destra, in economia, sui diritti e sull’immigrazione. Destano preoccupazione anche che alcuni (Lodi e Rossetti più altri 31 in Liguria) lasciano il Pd per andare ad Azione. Che qualche altro se n’è andato o sta per andare ad Italia Viva e perché no anche a Forza Italia. Addirittura che altri rientrino nel Pd e/o che lo stiano per fare e appare chiaro che assisteremo ad altri che si scambieranno di partito da qui alle prossime elezioni europee. Sono situazioni che al Pd procurano fibrillazioni, inutile negarlo, così come lo fanno anche le notizie che si leggano o dette a mezza voce, sulle mosse e i posizionamenti delle varie correnti o aree che dir si voglia dello stesso partito, rispetto alle possibili candidature elettorali sia alle prossime amministrative che soprattutto alle europee del prossimo anno. Come si accennava, Meloni, dopo un anno di governo ha capito che l’unico modo di sopravvivere è quello di una campagna elettorale permanente. Perché accade? Perché ormai la polarizzazione del nostro sistema politico vede riformisti e progressisti, ma più in generale la Sinistra, che non ha più (l’ha persa da tempo e soprattutto non la cerca più) una volontà ma direi meglio un’identità unitaria. Ricordate il famoso “uniti si vince” è ormai fuori dall’ orizzonte e dal lessico della Sinistra. Non c’è più voglia di unità, manca completamente qualsiasi accenno. Nonostante, le ragioni del battersi uniti contro gli avversari politici di oggi restano tutte quante in campo come le ragioni di ieri, quando ‘uniti si vince’ era un insegnamento cui invece la Sinistra ricorreva quotidianamente (la stessa stampa di partito intitolava all’Unità). Sulla Repubblica, in un’intervista Bersani richiamava la necessità urgente di unità della Sinistra. E sull’unità della Sinistra e a sinistra dovrebbero riflettere molto ma molto di più nell’Opposizione. Viviamo una situazione che accentua le differenze, dividendo la società e ognuno tende a chiudersi in sé stesso o in gruppi ristretti di interessi particolari e corporativi. Il rischio è di essere condannati a tenerci un Paese che, mentre affonda in economia e arretra sui diritti individuali e collettivi, cerca solo e ovunque contrapposizioni; anche nel reparto frutta e verdura di Esselunga, grazie ad uno spot pubblicitario che semina con immagini tenere ulteriore discordia sociale con una Premier in tali e tante difficoltà da saltarci subito sopra. Personalmente penso che per il Pd: sia meglio perdere qualche dirigente periferico assieme a qualche vecchia “cariatide” concentrata sul passato, che continuare a guardarsi l’ombelico. Oggi, c’è chi parla di praterie al centro che francamente sembrano solo aride steppe. A parte le facili ironie sul fu Terzo Polo e/o il nuovo ‘Centro’ con cui Renzi annuncia la sua prossima avventura elettorale. Il Centro  non è una novità è un metodo che tenta di tenere in equilibrio il sistema, in una sorta di ‘pendolo’ che si sposta di qua o di là, ma vista l’estrema radicalizzazione delle forze politiche, non credo francamente abbia alcuna possibilità di smuovere numeri decisivi, né tanto meno è la strada per ricostruire una vera coalizione di Centrosinistra in alternativa alla Destra centro oggi al governo. Altri, poi non sono d’accordo con il pendolo e immaginano invece una forza compatta, laica e repubblicana, è una posizione che ha una sua tradizione: quella di mettere mano alla governance italiana per riformarla secondo regole liberali (ma che in economia usa le non regole del neoliberismo). Un atteggiamento che dovrebbe essere anti-populista per definizione e invece, troppo spesso si propone proprio come populista. Infine, c’è chi immagina una forza politica valoriale, prevalentemente basata sui principi costituzionali e sul sociale, non solo e non tanto come diritti ma come tenuta della società stessa; quindi prima di tutto va evitato il disfacimento sociale, la frammentazione nei tanti IO che credono ognuno di avere ragione per proprio conto e che impediscono così l’avanzamento di un nuovo NOI, di una nuova Comunità nel Paese. Si tratta di una parte più identitaria e legata al canone delle culture politiche della prima Repubblica: che apre e mette in conto lo spirito di coalizione che implicherebbe mediazioni e compromessi. Bene, queste tre posizioni che sono presenti dentro come fuori il Partito democratico anziché cercare le possibili convergenze si fanno una forte concorrenza. Dovrebbero invece continuare a guardare di più verso l’esterno dentro la mutata società italiana e anche oltre i confini nostrani a quel che succede nel Mondo. Solo così riusciranno a guadagnare elettori in cerca di una identità politica progressista, che sappia rappresentare il cambiamento nel Paese. Personalmente, credo che il valore aggiunto di Elly Schlein stia proprio nell’averlo capito, d’altronde lo dicono tutti da tempo che c’è una forte astensione a Sinistra che deve essere recuperata. E questo lo dicono anche tutti gli studi sui flussi di voto. La scommessa del Pd deve essere quella di riportare alle urne i tanti delusi, anche se questo implicherà avere un po’ di disordine nelle sue proposte programmatiche. A coloro che continuano ad essere perplessi e critici nel Pd verso la nuova Segretaria Elly chlein bisognerebbe ricordare di stare attenti almeno ai toni delle critiche (che devono esserci… ci mancherebbe che non ci fossero) ma evitando di assumere anche tra loro, quel modo di discutere sempre più diffuso, che consiste alla fine nel denigrare l’avversario mettendo primo posto tra questi e chissà perché? Sempre e comunque, il compagno o la compagna di banco. Viene fatto soprattutto quando i contenuti posti all’attenzione dell’agone politico diventano più difficili da contestare proprio dalla parte avversaria, non vi sembra stano? Sul salario minimo o la difesa del servizio sanitario nazionale e tante altre questioni, i sondaggi registrano un ampio consenso anche tra gli elettori della Destra al governo, che però non si trasforma né in una reale azione di contrasto all’azione di governo, né di ampliamento del consenso per la Sinistra. È opportuno chiedersi il perché? La Segretaria del Pd viene “trattata come una macchietta” diceva Bersani nella già citata intervista e anche nel Pd si perde tempo a discutere dell’armocromista amica della Schlein, finendo per contribuire anche dall’interno del partito a quella che, è chiaramente una campagna denigratoria contro la Segretaria. Che poi e una campagna di denigrazione che riguarda tutto il Pd. Tutti, si lamentano del parlare di pancia degli altri e di pancia parlano loro stessi. Concedendo così spazio alla strategia retorica sovranista e populista, che invita l’opinione pubblica a identificare la Segretaria Pd e con lei tutto il partito, come una minoranza ‘elitaria’, il famoso partito delle ZTL, lontano dal popolo. E via così: la Schlein: “Non parla come il popolo, non parla come mangia, non parla con empatia, sembra una studentessa sotto esame”. E alla fine: “Non si capisce nulla di quello che dice”. Scusate se cito ancora Bersani… lui dice anche che nel Pd: “accorerebbe darsi una svegliata”. Proprio partendo da un punto preciso: che quelli della sua generazione e limitrofe – quelli dai capelli bianchi per intendersi – tutti quanti i politici, i commentatori, i giornalisti, ma anche i militanti Pd – dovrebbero cambiare le lenti agli occhiali. Scegliendole bifocali. Perché, in Italia c’è un salto generazionale sul piano culturale, politico e dello stesso linguaggio, può non piacere, ma non si può continuare ad ignorarlo”. Con le lenti giuste cosa si vedrebbe? Dice sempre Bersani: “Se guardassimo Schlein dal basso invece che dall’alto vedremmo che le perplessità di una parte delle nostre generazioni sono la speranza di una parte delle nuove”. I giovani guardano sicuramente con una prospettiva e un pensiero diverso dalle persone anziane, ma sicuramente, sono più in sintonia coi tempi… sì, insomma, il Pd e d’intorni, sono un po’ datati e spesso ‘stonano’ rispetto ai tempi. Il Pd, se veramente punta a rappresentare la maggioranza della società italiana oggi e soprattutto nel futuro è sicuramente opportuno, ma direi necessario, fare fino in fondo una riflessione vera su cosa e chi rappresenta con questo suo 20% o poco più o poco meno. Com’è composto questo zoccolo duro su cui conta? Probabilmente lo sa già, ma non sembra ancora avere le idee chiare su come conservarlo, visto altresì gli aspetti demografici che già caratterizzano e condizionano l’adesione al partito. Un esempio per tutti… l’età media dei suoi iscritti. Conosco più di un circolo Pd Milanese, dove l’età media degli iscritti è superiore ai 65anni. Quindi occorre che nel Pd si ragioni di conseguenza e meno genericamente, su chi e su come veramente il partito possa realmente aggregare e rappresentare politicamente nella attuale società italiana, tenendo altresì conto di come questa probabilmente evolverà (o forse involverà) da qui ai prossimi 20/30anni. Francamente non mi sembra che lo stiano facendo, nel modo giusto, sembra che ignorino i suggerimenti di Fabbrizio Barca che disegna per questa lunga “Traversata” nel deserto: “un idea nuova di partito e di governo”.  Concludo. Dicendo che dentro al partito nelle loro discussioni, quelle attuali e quelle future è necessario che si chiarisca una volta per tutte, cosa sono e cose rappresentano veramente le varie correnti o aree politiche o sensibilità diverse, che dir si voglia, ricordo che sono sempre esistite, qual è quindi il problema vero? È che oggi sono solo ‘correnti’ di puro “ceto politico” e quindi sicuramente non sono l’articolazione della rappresentanza del partito in aree sociali ed economiche di pezzi di una società italiana profondamente cambiata e ulteriormente in via di cambiamento, che si confrontano all’interno del partito stesso. Se così fosse veramente, io credo che non ci sarebbe nulla di male, e andrebbe sicuramente meglio per il partito, d’altronde questo è stata la base dei partiti interclassisti tipici della seconda parte del secolo scorso, almeno fino agli anni ’80. Lo so che c’è chi dice che non esiste più l’interclassismo… che non ci sono più nemmeno le classi sociali. Io non ne sono convinto, non lo sono mai stato. Nonostante, il famoso politologo americano Francis Fukuyama con la sua “Storia è finita e l’ultimo uomo”, era il 1992, sono trascorsi ben 31 anni; lo stesso tempo che ha dormito Giovanni il protagonista del film di Veltroni “Quando” e viviamo tutti ormai in un altro mondo. Servono a poco ricordi e nostalgia. E poi lo stesso Fukuyama ha abiurato quanto scrisse allora. In molti ci hanno creduto che la lotta di classe fosse definitivamente finita e hanno creduto anche ad altre “cavolate”, come per l’appunto che il paese si governa solo al centro e col moderatismo… guarda caso la Meloni non governa certo al centro ma decisamente a destra e c’è chi alla fine pensa di andare ancora più a destra, alla faccia del moderatismo …riportandoci di fatto agli anni 30/40 del secolo scorso. Per essere il più chiaro possibile rispetto alle rappresentanze sociali: il craxismo, il berlusconismo, il renzismo, il salvinismo e il melonismo non sono termini politici che definiscono categorie sociali, ma rappresentano leadership e ceti politici, con interessi particolarissimi, sempre più spesso familistici o da cerchio magico, che sono andati e vanno a caccia solo di potere, di potere personale …i così detti “pieni poteri”. Alla fine al netto dei sondaggi quotidiani e settimanali non sono di fatto rappresentativi del Paese. Del Paese reale, che di fatto in gran parte non vota più, astenendosi. InfattI, i risultati delle ultime politiche confermano quella del non voto come la scelta ampiamente più comune tra gli elettori, anche considerando le coalizioni nel loro insieme. Sono oltre 17 milioni di elettori infatti, quelli che hanno scelto il “partito del non voto”, ovvero ben il 39,5% in più rispetto all’intera coalizione di centro-destra. E questo ormai vale anche per l’altro schieramento il fu centrosinistra e il suo maggior partito il Pd. Io credo, per quel che conta, che non lo votano e non lo voteranno più, se il Partito democratico continua ad essere di fatto aperto solo a parole… ma resta respingente nei fatti, ad esempio avvitandosi ulteriormente su un quesito ormai è una questione senza senso, ovvero: partito di iscritti o partito di elettori? La risposta è nei fatti, le iscrizioni diminuiscono anno dopo anno in tutti i partiti… il concetto di appartenenza a un partito o a un sindacato è una cosa che non è più nel panorama della società moderna e quindi…     L’ho fatta fin troppo lunga e spero di non essere caduto in qualche banalità. In estrema sintesi: credo che dovremmo “tornale al futuro”, non sembri uno slogan… gli italiani devono tornare ad essere una vera comunità unità nel saper indicare le priorità e gli obiettivi comuni per il Paese. Fin che l’immagine che i partiti proiettiamo all’esterno è quella di una sostanziale divisione nei gruppi dirigenti, tutti quanti in affanno con la loro stessa reputazione, tutti intenti a dividersi e a dividere il Paese in tifoserie da stadio …esisterà solo una politica fatta di ‘algide passioni e caldi interessi’ del tutto improponibile a coloro che già oggi stanno distante dalla politica e non partecipano più al necessario confronto… un confronto che rivitalizzi la democrazia e i suoi strumenti… ma oggi viviamo uno scontro più che un confronto… divisi su tutto e uniti su niente… alla rincorsa di obiettivi particolari e tralasciando il bene comune… scontro che mette a rischio la stessa democrazia minandone le istituzioni. Oggi, bisogna tenere del debito conto che è la stessa condizione umana che torna ad essere messa in discussione, anche qui nell’ “Occidente” …ormai tutt’altro che ‘mitico’…

(fine)

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