Politica: Legittima offesa. Giustizia, quelle del governo non sono critiche, ma intimidazioni ai giudici…

Accusare un magistrato di non essere indipendente, come fa la maggioranza, è una diffamazione che va provata rigorosamente. Pure una misura in sé giusta, come la separazione delle carriere, rischia di essere un ulteriore restringimento delle libertà, anche dei cittadini. Qualche tempo fa su tutta la stampa si discusse delle possibili conseguenze di una delle molte discutibili riforme del governo in tema di intercettazioni preventive. Il governo ha accentrato presso il procuratore generale della Corte di appello di Roma la funzione di controllo delle intercettazioni che siano «indispensabili per l’espletamento delle attività di prevenzione demandate ai servizi di sicurezza». È un tipo di attività di controllo che viene svolto al di fuori di ogni indagine resa necessaria da una notizia di reato. Era facile prevedere che questo tipo di investigazione potesse alimentare forme di “vigilanza” e pressione sulla vita di privati cittadini. La diffusione di immagini della giudice di Catania relative a una manifestazione politica di solidarietà ai migranti – allora segregati sulla nave Diciotti dal ministro dell’Interno dell’epoca, probabilmente riprese nell’ambito di servizi di pubblica sicurezza – alimenta ulteriori dubbi, anche se tecnicamente non si tratta di intercettazioni e anche se il governo ha smentito che il filmato provenga dai propri archivi. Per la cronaca: Bufera sul video della giudice Apostolico, Meloni: “Nessun dossieraggio”. Salvini: “Il giudice si dimetta”. Le preoccupazioni del Pd: «Come è uscito e da dove viene quel filmato? Esistono forse archivi dedicati?» E’ scontro frontale tra maggioranza e opposizione sulla giudice di Catania Iolanda Apostolico, mentre il caso finisce in procura dopo l’esposto dei Verdi. La protesta del tutto civile risale a cinque anni fa allorché la giudice era del tutto ignota alla pubblica opinione, ma certamente ben conosciuta agli uffici preposti alla sicurezza del territorio. E dunque non si può escludere che la foto della magistrata provenga dalle raccolte di materiale in mano agli organi di pubblica sicurezza. Il punto è accertare come vengano custoditi i dati relativi alla prevenzione di possibili reati, anche quando quest’ultima è effettuata legittimamente: un problema che non è solo dei magistrati che «remano contro». A me sembra questo l’aspetto più allarmante, ben più delle simpatie politiche della dottoressa Iolanda Apostolico, che non le ha mai dissimulate (e ciò semmai va a suo merito). Peraltro, va detto che il provvedimento in questione è motivato con ragioni squisitamente tecniche, con puntuali richiami a precedenti giurisprudenziali nazionali e internazionali che giustificano la non applicazione di norme interne che un tribunale ritiene in contrasto con le convenzioni europee. La giudice catanese ha ritenuto che il decreto-legge n.124/2023 e il decreto interministeriale in data 14 settembre 2023 sugli internamenti nei Cpr di migranti fino a un anno e mezzo violino – ed effettivamente è così – elementari quanto fondamentali diritti umani. È consentita la detenzione in campi di concentramento (tali sono i centri per il rimpatrio) in virtù di semplici provvedimenti amministrativi per i quali non è previsto un controllo giurisdizionale, se non a seguito di reclamo che i diretti interessati possono proporre se hanno la fortuna e la possibilità di reperire un avvocato volenteroso. Con l’occasione il governo, senza farsi mancare nulla, ha aumentato le pene anche per chi «effettua il trasporto di stranieri nel territorio dello Stato». Come ha illustrato bene il bellissimo film di Garrone, si tratta spesso degli stessi sventurati che espatriano e oggi rischiano un minimo di venti anni. È dura far capire la Costituzione ai mazzolatori della carta stampata filogovernativi, ma per gli altri sarà bene ricordare che gli stessi metodi non più tardi di qualche mese fa sono stati usati contro un’altra giudice, a Roma, “colpevole” di aver respinto un’originale richiesta di archiviazione della procura capitolina per il sottosegretario Andrea Delmastro Delle Vedove. Anche allora un ordinario e motivato provvedimento giurisdizionale è stato il pretesto per una anonima «nota di ambienti di Palazzo Chigi» che lamentava la finalità politica della decisione menando scandalo per una decisione prevista dal codice di procedura penale. Peraltro, è ben difficile pretendere un commento giuridico da chi, come Alessandro Sallusti, proclama che il presidente della Repubblica, nel controfirmare una legge, ne accerta la costituzionalità come fosse un membro onorario della Corte costituzionale. Molto più facile pestare mediaticamente in tre (maschi) contro l’unica collega dissenziente, come accaduto qualche sera fa alla giornalista dell’Espresso, Susanna Turco: proprio perché il “rumore” rischia di uccidere la capacità di ragionare, per chi è sinceramente democratico sarebbe bene chiarire i termini della questione. Le decisioni dei giudici sono tutte criticabili, anche politicamente, ma questo è ben diverso dall’intimidazione di chi detiene il potere esecutivo e critica senza cognizione di causa. Fino a prova contraria, una sentenza o un qualsiasi provvedimento giurisdizionale sono atti tipici di una funzione pubblica: accusare un magistrato di non essere indipendente è una diffamazione che va provata rigorosamente. Deve quindi destare preoccupazione la politica giudiziaria del governo: anche una misura in sé giusta, come la separazione delle carriere, rischia di essere un’ulteriore tappa di restringimento delle libertà non solo dei magistrati, ma dei cittadini. Non è chiaro ad oggi dove verrebbero collocati i pubblici ministeri, la composizione del nuovo Csm che dovrebbe valutarli, il ruolo che verrebbero ad assumere i diciannove procuratori generali e lo stesso procuratore generale presso la Corte di Cassazione. Il rischio è che un governo illiberale, come avvenuto in Ungheria, Polonia ed Israele riesca a controllare l’esercizio dell’azione penale. Molte sono le colpe della magistratura, a partire dal suo evidente declino culturale e sociale, ma il prezzo di riforme interessate sarebbe altissimo, per tutto il Paese, senza migliorare la qualità della giustizia…

E’ sempre tempo di Coaching! 

Se hai domande o riflessioni da fare ti invito a lasciare un commento a questo post: riceverai una risposta oppure prendi appuntamento per una  sessione di coaching gratuita

0

Aggiungi un commento