Politica: L’incantesimo di Giorgia. Il suo ‘conservatorismo nuovo’ è in realtà un grande bluff. In molti cercano di accreditare l’idea che la Premier, sia una leader forte di una squadra debole così dimostrerebbero questi due anni di governo. Niente di più falso…

“Due anni di Meloni. La leader forte di una squadra debole…” Così scrive su La Stampa Flavia Perina. Giorgia Meloni festeggia oggi i primi due anni di un one-woman-show politico di successo, che resiste a ogni sabotaggio e mantiene alto il consenso malgrado i ministri e i dirigenti di Fratelli d’Italia fanno una gaffe dietro l’altra, eppure la loro leader viene in qualche modo risparmiata dalle critiche e non si capisce perché… Certo, i numeri vengono scelti con cura per assicurarsi che il bicchiere sembri mezzo pieno. E che chi legge si trovi davanti l’immagine di un Paese che macina record, dal lavoro alla sanità passando per l’aumento degli stipendi, i risultati del Pnrr, l’andamento dell’export, la lotta all‘evasione e il sostegno al sistema produttivo. Palazzo Chigi spiega i risultati del primo biennio meloniano con 56 slide che celebrano i presunti successi del governo aggiornando la brochure dedicata all’”Italia vincente” di Fratelli d’Italia diffusa in occasione dell’anniversario della vittoria elettorale. Basta però allargare lo sguardo per scoprire omissioni, mezze verità e dati sbagliati. L’andamento è più che contraddittorio sull’economia.  C’è poi il comportamento spesso squinternato della sua squadra e le palesi rinunce a certe esagerate promesse elettorali su flat tax, accise, blocchi navali eccetera. Ci sono i meriti riconosciuti un po’ da tutti – di aver tenuto la barra dritta su economia e alleanze internazionali (non era scontato) che permettono di non scalfire più di tanto il suo consenso personale – tanto da far pensare che c’è una vera e propria voluta operazione, molto più sottile, nella quale la presidente del Consiglio si trova a suo agio: quella di saper utilizzare come elementi di forza proprio i pasticci combinati dai suoi stessi fedelissimi. Meloni è risultata nel biennio il deus ex machina delle situazioni impossibili, lei la Cassazione delle controversie imbarazzanti, lei la Croce Rossa degli arruffoni. «Risolverò anche questa» ha risposto a caldo a chi le chiedeva un commento sulla bocciatura giudiziaria del trasferimento dei primi migranti in Albania, e l’espressione dice tutto: ancora una volta devo rimboccarmi le maniche io, perché quelli che dovevano capire non hanno capito, quelli che dovevano prevedere non hanno previsto, quelli che dovevano fare non hanno fatto. Due anni di governo Meloni e questa immagine attentamente coltivata nel retroscena del governo, il sale di ogni racconto sugli affari di palazzo. «Meloni furiosa» con Tizio, Caio o Sempronio della sua maggioranza, «Meloni minaccia i suoi di mollare», sono i titoli che hanno accompagnato a cadenza settimanale la vicenda della premier, dalla straniante conferenza stampa dopo il disastro di Cutro fino al caso Sangiuliano, l’alfa e l’omega delle catastrofi comunicative di questi due anni. Gli elettori sembrano apprezzare. Per fortuna c’è lei. E così il lungo elenco di scivoloni ministeriali, amicali e persino famigliari, anziché metterla in difficoltà è diventato una sorta di risorsa in più. «Meloni aggiusta cose» è oggi uno dei principali fattori di popolarità e consenso della premier, vero cemento del brand Giorgia che, come tutti i marchi di successo, funziona a prescindere da ogni considerazione razionale. Ma è proprio così? Certo, c’è il lato oscuro dell’one-woman-show. È cruccio che da sempre affligge la destra, fin dai tempi dei governi a trazione berlusconiana ma anche in precedenza, e cioè quello di non riuscire a incidere davvero nella vicenda italiana con qualcosa di significativo e permanente. Il sogno sangiulianesco dell’egemonia culturale, il presidenzialismo o il premierato, l’autonomia regionale, la separazione delle carriere, le Riforme con la maiuscola che consentono di dire «abbiamo fatto la storia» restano congelate per motivi di opportunità politica. Troppo alti i rischi di perdere il consenso, troppo scarse le risorse materiali. Ma forse a riguardo scarseggiano anche le risorse intellettuali, sicuramente troppi i precedenti che consigliano il galleggiamento sull’esistente. È il colpo d’ala che storicamente è mancato ai conservatori, nei tempi difficili della Prima Repubblica? Loro parlano di oggettiva emarginazione dal sistema, mentre nell’era del berlusconismo si è trattato della scarsa rilevanza nei luoghi del potere reale, e ora sarebbe colpa di una pragmatica considerazione dello stato dell’arte: “Meloni può facilmente coltivare il suo consenso nell’ordinario tran-tran del Paese, ma avventurarsi nella sfera delle decisioni straordinarie richiede qualcosa in più della popolarità di una donna sola al comando”. Ecco, rivelarsi il vero problema, infatti, l’unico vero pensiero che caratterizza l’azione politica e ideologica della leader di Fratelli d’Italia è rivolto al passato. I suoi riferimenti sono essenzialmente riconducibili al conservatorismo nazionale, al sovranismo e al tradizionalismo. Diversi membri del suo partito sono inoltre associati ideologicamente al conservatorismo illiberale tipico del regime fascista. E la foglia di fico, usata dalla stessa Meloni nel definirsi “una leader della destra liberale, cristiana, identitaria e patriottica”… non riesce a nascondere qual è l’ideologia vera di Giorgia Meloni e di Fratelli d’Italia… è una ideologia di destra estrema e indica infatti un orientamento politico, tradizionalista, nazionalista, reazionario, autoritario, che punta in direzione diametralmente opposta rispetto a quella di uno Stato liberale contenuto dalla nostra Costituzione. Infatti, La Costituzione italiana del 1948 si colloca all’interno del costituzionalismo del secondo dopoguerra, espressione di quella cultura democratica europea che, dopo l’esperienza autoritaria e totalitaria del nazifascismo, riafferma la validità dei principi democratici nell’ulteriore consapevolezza della necessità di “proteggere” il sistema democratico (e di qui la previsione di una articolata serie di “garanzie costituzionali”) e che la democrazia non si esaurisce nel diritto di voto riconosciuto a tutti ma richiede anche una eguaglianza di chances ed una “pari dignità sociale” di tutti i cittadini. Esattamente il contrario della volontà autocratica che la destra reazionaria oggi all’attacco delle democrazie europee vorrebbe imporre con un ritorno ad una visione di un unico uomo (donna) solo al comando… Quindi veramente poco serve questo ritornello del: “servirebbe una squadra efficace, un giro di amicizie più largo dei solo fedelissimi, la capacità di attrarre consenso oltre il «noi contro loro e sempre più spesso noi contro tutti» che è il mantra di ogni scelta del governo Meloni, Salvini e Tajani… infatti nessuna di queste cose c’è nella realtà di questo governo. Sono anche questi due anni per Giorgia Meloni quelli di una grande ambizione frustrata: il suo progetto di rifondare l’Italia, farsi ‘madre di una nuova patria’, è di fatto stato rinviato a data da destinarsi… È così, che i primi due anni di governo di Giorgia, ben al di là delle questioni e delle parole sulla Società dei diritti del popolo sovrano, vedono le cure, la povertà e le diseguaglianze aumentate. E anche se la Nato e l’Ucraina fino ad oggi vengono indicati come esami superati dalla Meloni, vedremo subito dopo le elezioni presidenziali americane (prossimo 5 novembre) quale sarà l’esito finale di questo esame che coinvolge il mondo intero ed è destinato, questo sì, a riscrivere la storia delle democrazie occidentali (comprese per l’appunto quella italiana e dell’intera Europa) dell’ultimo secolo dello scorso secondo millennio… in questo che è il primo secolo del terzo millennio…

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