Politica: L’inganno del moderatismo ha svuotato il ruolo della Sinistra…

“tutto con moderazione, compresa la moderazione”

(Oscar Wilde)

Dopo il diluvio della Seconda guerra mondiale abbiamo vissuto 70 anni in un mondo che aveva posto le nuove fondamenta su alcune certezze che ci sembravano granitiche: veri e propri dogmi laici, che trovavano costanti conferme in ciò che accadeva nella società. Questo alimentava la fiducia nella Costituzione e il suo valore di essere nata dalla Resistenza antifascista; accresceva la convinzione che la forma pubblica della protezione sociale fosse di per sé stessa un sostegno per i più vulnerabili e un argine alle disuguaglianze. Divenne senso comune l’idea che la pace fosse un patrimonio collettivo di tutta l’umanità ereditato dall’esperienza bellica; si diffuse la consapevolezza che la scuola servisse alla maturazione del concetto di cittadinanza e non a consentire la base minima di formazione per lavoratori sottopagati. Ci sembrava vincente la scommessa sull’Europa come terreno di avanzamento dei diritti sociali e civili e non come esperienza della loro erosione; e poi ancora nessuno ci avrebbe mai tolto dalla testa la convinzione che l’aumento delle diseguaglianze fosse il primo problema da risolvere piuttosto che subirlo come la principale risposta introdotta da un liberismo rampante e disumano. In tutto questo si trovava il senso e la bellezza dell’impegno politico, della partecipazione corale e del nostro “esserci”. E forse proprio per questo oggi, guardandoci intorno, ci sembra di vedere un Mondo che ha smarrito sé stesso, stordito dal caos generale, incapace di discernere tra valori e disvalori, spaventato o mitridatizzato dalla rapidità di cambiamenti imprevisti, inattesi e spesso incomprensibili, non interpretabili. Viene quasi da pensare ad un moderno viaggio di Odisseo verso il fascino del mistero, verso i pericoli dell’ignoto e gli inganni degli Dei. Questo 2024 è un anno di svolta, mai prima d’oggi c’è stato un anno che chiamasse miliardi di persone al voto, per ridefinire di fatto un nuovo assetto geopolitico generale.  4 miliardi di persone voteranno per i loro governi e relativi cambiamenti. C’è una sensazione diffusa, che  tutte le certezze cui si è accennato siano naufragate. All’origine di un naufragio vi è spesso un inganno; forse anche all’origine delle diverse derive vissute dalla Sinistra vi è stato un inganno: quello del moderatismo politico. Un tema, questo, che non siamo riusciti a chiarire a noi stessi, che non abbiamo saputo spiegare ai nostri figli e che questi, a loro volta, tramanderanno ai loro figli come questione non risolta. Tre generazioni fuori gioco in un colpo solo. La scelta della “via moderata”, entrata a far parte della cultura della Sinistra a partire dalla metà degli anni Settanta, trovò la sua consacrazione nel 1978, con la cosiddetta “Svolta dell’Eur”, quando i Sindacati fecero propria la linea della moderazione salariale e di una maggiore flessibilità del lavoro. Gli idealismi e le ideologie cedevano il passo all’impellenza di dare soluzione alla grave crisi economica. Nessuno a Sinistra – né i partiti né i sindacati – aveva pronta una prescrizione per curare il Paese, per questo tutti, obtorto collo, accettarono l’unica ricetta esistente: quella liberista. Del resto la tendenza ad assumere posizioni centriste è sempre stata considerata – sia dal centrodestra, sia dal centrosinistra – come una sorta di patente di affidabilità (soprattutto verso le sempre sospettose cancellerie internazionali) per aspirare a posizioni di governo. L’esempio più recente è quello offerto da Giorgia Meloni: dai banchi dell’opposizione strillava contro qualunque politica economica restrittiva, ma una volta assunte responsabilità di governo, ha dovuto cambiare registro e proseguire sulla linea tracciata da Mario Draghi. Dalla politica estera al Pnrr, dalle scelte in materia di lavoro e welfare fino al fisco, è assai difficile trovare un’idea forte, distintiva e qualificante. Domina il “partito unico” della moderazione salariale, con la scusa di non cadere nella spirale degli aumenti dei prezzi sancita dall’ inflazione e in quella degli aumenti salariali che metterebbero in ginocchio il Paese e la sua competitività. Dunque, nel timore di scontentare la classe padronale, tanto la destra quanto la sinistra assumono posizioni più o meno liberiste. Come in politica estera l’esame di affidabilità passa attraverso l’acritica fedeltà all’atlantismo, così il moderatismo salariale deve necessariamente diventare l’elemento caratterizzante della politica economica. Il moderatismo e il riformismo sono diventate parole chiave di una trasformazione del mondo a cui la Sinistra ha aderito con afflato quasi religioso, trasformatosi nel tempo in rigidità catalettica. A questo punto dovremmo renderci conto che non c’era nulla né di moderato né di riformista in quella professione di fede nel moderatismo e nel riformismo. Il moderatismo (corroborato da altri …ismi: governismo… centrismo) è diventato rapidamente un pretesto per perseguire riforme estreme, quelle che appunto hanno sostituito un ordine del mondo con un altro. Invece di permettere un avanzamento, il riformismo è stato il dispositivo politico che ha legittimato un processo di regressione della società soprattutto sul terreno dell’equità, della protezione sociale, dell’autonomia della politica dalla sfera economica. Il moderatismo e il riformismo di Sinistra sono stati complici della fine di ogni ipotesi progressiva. Disorientati dalle impreviste conseguenze negative del moderatismo, nei partiti di Sinistra si è assistito ad una triste e silenziosa trasfigurazione: dall’entusiasmo al disincanto. A ben vedere, il moderatismo è diventato il male endemico della società italiana o meglio la malattia incurabile che affligge qualunque forza politica acceda nell’area di governo. Esso si è trasformato nel nemico più difficile da battere per chiunque voglia restituire dignità alla forza lavoro, liberandola dallo stato di subalternità culturale, ideologica e politica alla quale sembra eternamente destinata. Se si pensa che in Italia nessuno sciopera nonostante i salari perdano potere di acquisto da quasi 40 anni, la domanda cruciale è se vi sia ancora un qualche spazio per invertire la rotta nelle scelte di politica economica nel nostro Paese. Nel mondo inatteso che ci è toccato in sorte, l’unico compito rimasto ai partiti di Sinistra sembra essere quello di un ‘riformismo possibile’ per salvare quel poco che si può ancora salvare, per limitare i danni, moderare le ingiustizie, frenare la dissoluzione della solidarietà. Alla Sinistra toccherebbe il compito di rallentare la fine del vecchio mondo, nulla di più. Essere moderati è diventato così un compito di resistenza, non più di fede. Finalmente quel mondo a cui, alla fine degli anni Novanta, la Sinistra aveva aderito con entusiasmo è stato riconosciuto per quel che è: un inganno in grado di modificare l’ordine sociale in forma iniqua. Ma il lessico del moderatismo e del riformismo è rimasto al centro anche di questa presa di coscienza: se anche è sbagliato, quel mondo è ormai irreversibile. Prenderne atto è doveroso e utile a definire una buona volta, finalmente, quella che deve essere la nuova identità di un partito di Centrosinistra: soltanto moderare, soltanto puntellare gli equilibri possibili, procedendo per piccoli passi e con riforme in grado di rendere meno ingiuste le diseguaglianze profonde che si sono ampliate in questo primo quarto di secolo del terzo millennio. Questo è ciò che è in gioco oggi nel destino dei partiti di Sinistra: continuare a definire e difendere la dignità di un pensiero di umana convivenza. Queste parole potranno sembrare utopiche e poco realistiche. È precisamente questo il punto: chi oggi rivendica il moderatismo crede a una sinistra sconsolata, che può limitare i danni o poco più. Che vuol dire essere moderati oggi? Vuol dire credere che quei dogmi della fede secolare che appartenevano alla Sinistra possano ormai essere conosciuti solo in due forme: quella della nostalgia per le mie generazioni e quella della fantasia per le generazioni dei figli e nipoti… Invece io credo che non bastino né l’una né l’altra. Sta alla Sinistra trasformare la nostalgia e la fantasia in qualcosa di concreto. Tornano alla mente le parole che Aldo Moro, cinquant’anni fa, rivolgeva al suo partito: “Dobbiamo cambiare per non morire”.

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