Politica: manca meno di un mese alle Europee. Forti le divisioni anche tra le forze della maggioranza, oltre a quelle tra le forze di opposizione. D’altronde ognuno corre per sé. Si potrebbe dire con Mao Tze tung: ”Grande è la confusione sotto il cielo, quindi la situazione è eccellente!”. Sospesa sullo sfondo di queste elezioni la domanda: ma il Pd non doveva rinnovarsi?

Queste elezioni sono troppo importanti… per il futuro stesso dell’Europa e francamente c’è di che essere preoccupati per l’esito che potrebbero avere… innanzi tutto per l’affluenza che probabilmente sarà bassa e forse, sarà la più bassa di sempre. Inoltre, le forze populiste presenti in più paesi d’Europa puntano a rafforzarsi. La destra, o meglio le destre purtroppo stanno giocando da sole la partita. Perché il governo Meloni è diviso sulle alleanze per le elezioni europee? Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia siedono in tre gruppi diversi al Parlamento europeo: questo potrebbe creare problemi dopo il voto di giugno 2024. In più tra Mef,  il nuovo Patto di stabilità, la probabile procedura di infrazione per deficit eccessivo… e la disastrosa situazione economica del nostro Paese con: “sono finiti i soldi!”   Il Lavoro povero e i salari che perdono rispetto all’inflazione che sale… nessuno sembra poter far nulla per fermare questo innarrestabile declino… E gli altri, il Pd in primis, la Sinistra in generale finora sembra assente qui da noi ma direi in tutta Europa e non sembra in grado di giocarsi la partita. Finora l’Europa se l’è sempre cavata, ma in questo casino internazionale se l’Europa non cambia recuperando i valori, lo spirito dei padri fondatori, quello che ispirava Altiero Spinelli nel documento di ventottene. Con quanto è in corso: dalle guerre, agli equilibri internazionali, ai nuovi potenti del mondo Cina India, a cui a novembre potrebbe aggiungersene uno di più che è Trump… c’è di che non essere tranquilli. Si, mi spaventa Trump! E anche i suoi accoliti, quelli con le corna a Capitol Hill. E quelli in doppio petto, seduti nelle aule del Parlamento americano… Così come è anche Giorgia Meloni a farmi paura, non tanto per lo spettro del fez e degli stivaloni. Anche se aumentano le sgarberie istituzionali nei confronti di padri della patria come Giacomo Matteotti per cui questo governo non dice una parola e oblia ogni ricordo… come non vede la rincorsa ai saluti romani di tanti che la Repubblica non amano e men che meno amano la Resistenza e l’Antifascismo capisaldi della nostra Carta costituzionale. C’è un allarme fascismo? forse anche no. Ma l’allarme, che però, si vede a occhio nudo, è quello di una deriva alla Orban. Temo un intervento sulla Costituzione, come il Premierato e ieri sulla riforma costiuzionale è intervenuta la Senatrice Liliana Segre che boccia per l’appunto il premierato di Meloni: “Aspetti allarmanti, non posso tacere. Drastico declassamento del capo dello Stato”. In questo senso anche la scelta più smaccata è chiedere di scrivere “Giorgia” sulla scheda, un plebiscito personale alla ricerca dei “pieni poteri. Ma c’è anche la legge sull’autonomia differenziata  voluta da Matteo Salvini. Inoltre, disturba che la Premier non si dichiari antifascista: «Non lo dice perché non lo è: continuare a chiederglielo diventa un accanimento terapeutico. E Lei sa bene che quel 26 per cento che l’ha votata (nella realtà è poco più del 13% degli italiani aventi diritto di voto), considera il fatto che non si dichiari antifascista del tutto superabile». Lei la Meloni è: una brava politica, che si è fatta le ossa (è parlamentare dal 2008, sono 16 anni, e fa politica da 25 anni) che ha fatto crescere da sola un partito, con cui non sono d’accordo su nulla. Credo abbia rubato moltissimo a Berlusconi, il primo a dire “io sono come voi”. Era una delfina nascosta? Forse nemmeno tanto. Dall’altra parte cosa sono? Ex comunisti ex socialisti ed ex democristiani? Diciamolo chiaramente una volta per tutte non certo comunisti come nell’Est europeo… ma saldamente socialdemocratici (forse all’ora non si diceva chiaramente). E io personalmente non mi sento ex di nulla. Non ho nulla di cui vergognarmi, né di Berlinguer né di altri, non certo di Moro …non c’è proprio nulla di cui vergognarsi… Il ministro Sangiuliano direbbe che ci si deve dichiarare antifascisti e anticomunista… Anche il comunismo, come il fascismo, è stato un fenomeno terribile del ’900, se si pensa ai gulag dell’Urss. Ma io sono stato un giovane in quest’Italia, con Pertini con Berlinguer. E ricordo le mamme, gli operai, gli studenti, quella folla da cui traspariva la voglia di cambiare in meglio il Paese, con la libertà nel cuore: tutto questo non può essere sparito, sarà forse chiuso in qualche cassetto. Si è vergognato Zingaretti, del Partito, ma lui lo dice solo perché poi non si vergogna di niente… nemmeno di essere stato eletto da un anno o poco più in Parlamento e ora di essere in lista anche per le europee… Mentre alla Elly, le donne del Pd ancor prima di Prodi… gli hanno chiesto di non fare la capolista …perché le avrebbe penalizzate vale il detto: “che dalle amiche mi guardi Dio che dai nemici mi guardo io…” Cecilia Strada… va bene, ha il nome che porta qualche voto, nel ricordo del Padre… che di suo non ha più nemmeno l’eredità di Emergency… ma l’ha scelta la Segretaria ed Elly va aiutata lealmente… sono già tanti quelli e quelle che sono pronti a fare il tiro al piccione… una elezione ne tira un’altra… e qui non si fa altro che votare segretari… «Io ho cominciato presto a partecipare, ho più di trent’anni di sindacato sulle spalle… ho militato una vita in questa metà del campo… da questa parte della barricata… E adesso, sono ancora qua… ma vedo questa sinistra: troppo taciturna, che sembra spesso in letargo. Penso ci sia un’enorme fetta di gente di sinistra che non vota più. Ho più di 70 anni, mi ricordo quanti eravamo 30anni fa: non possono essere tutti morti! Perché non andiamo a cercarli e li riportiamo a votare… da soli non bastiamo! Meloni & Compagni… scusate & Camerati… e non solo loro, dicono che la Sinistra ormai è diventata una nicchia da Ztl. Una battuta che non fa più ridere nessuno. C’è una parte di sinistra come noi che si espone, ma siamo tanti di più. Poi certo, c’è stata anche la sinistra Ztl, quella che ogni volta che mi dicevo basta con questa “puzza sotto il naso” e votavo per Pds-Ds-Pd succedeva qualcosa che mi faceva dire: “turati il naso e vota”. Ma non pensate che Schlein è tornata a dire qualcosa di Sinistra in senso morettiano? Schlein sì che è un underdog dentro a questo partito, fa cose di Sinistra come il primo maggio andare a Portella della Ginestra… io ho delle aspettative su di lei. Sono d’accordo col suo tentativo di riunire un campo largo? E soprattutto di cambiare profondamente l’organizzazione di questo partito… perché nessuno dei partiti della Sinistra arriverà più al 30 per cento da solo, almeno per ora e per un lungo tempo ancora: UNITA’ è una parola ormai desueta a Sinistra… ma resta meglio cercare di fare almeno il 42/43% insieme e provare a costruire un polo di centrosinistra con testardaggine. Il M5S di Conte certo è e sono: maestri di pseudo-tatticismo di cui continuo a non capire l’obiettivo finale. In origine l’idea era di non allearsi con nessuno, ma adesso mi aspetterei un comportamento più istituzionale. Mi colpisce che per la prima volta siano due donne a guidare i principali schieramenti politici… soprattutto mi sorprende una donna che si sente uomo: “il Presidente del Consiglio”. Mi colpisce quanto se ne parli ancora. Forse siamo ancora un Paese dove fa notizia, come quando la Thatcher guidava il governo inglese negli anni Ottanta. Con la prima donna premier si dà il via ai Pro vita nei consultori dove le donne si rivolgono per abortire… Fa parte del pacchetto: se professi Dio patria e famiglia, questo devi sventolare. Poi quanto ci credano veramente chi lo sa. È un enorme passo indietro culturale. Anche questo mi sembra ci avvicini più a Paesi come l’Ungheria che alla Francia. Stiamo attenti al rischio di un cambio di pelle. Siamo scesi nella classifica della libertà di stampa di Reporters sans frontières. Mi preoccupa! Questo governo sta procedendo a un’occupazione dei media spaventosa, quasi sfacciata. In Rai tutti l’hanno sempre fatto, ma questa volta la trovo un po’ violenta. E i numeri, peraltro, sono impietosi. La destra insiste sulla volontà di cambiare l’egemonia culturale: per anni, dicono, ha occupato tutto la sinistra. L’ho premesso: lo hanno fatto tutti. Ci sono illustri carriere costruite su amicizie anche a sinistra. Ma con la sinistra c’è sempre stato spazio all’autocritica, ora la cosa sorprendente è anche l’allergia alla critica. Come giudicare il ministro della Cultura Sangiuliano? Mi ricorda quei grandi gaffeur da film… Diciamo che appartiene a una parte buffa di questo governo. La ministra Santanché che si dimetta non se ne può più! Sono partito parlando di Europee, cosa penso dei candidati delle liste del Pd, ecco, mi sono reso conto per l’ennesima volta che quel che mi manca è poter contare su una classe dirigente autorevole. Fra tutte le critiche rivolte a Elly Schlein da Marianna Madia per la firma al referendum della Cgil contro il Jobs Act, una è davvero poco convincente. La si accusa di dividere il partito, quando è evidente che lei si prefigge di spezzare la continuità del Pd a essere il partito degli eletti… che è altra cosa dal partito degli iscritti o degli elettori… Del resto, non va dimenticato che Schlein è stata eletta alla guida del partito attraverso di fatto un doppio referendum tra iscritti e non iscritti ma elettori. Lei all’inizio non aveva nemmeno la tessera, quindi era a tutti gli effetti la leader dei non iscritti. Condizione ideale per un progetto utile al cambiamento e ampliamento del Pd, meno utile invece per coloro il quale scopo è discutere e pesare le varie anime del Pd, peraltro stanche ed esaurite, solo sul governismo tout court di Parlamentari, Presidenti di regione e Sindaci… troppe realtà sono nelle mani dei potenti del luogo, di chi in virtù di una carica elettiva ha concentrato ogni scelta, senza rispondere a nessuno se non a sé stesso e a una cerchia di sodali. Quanto scoperchiato recentemente dalle inchieste in Puglia, o a Torino, non è solo una storia di voti comprati e di trasformismo. Come ha detto Gianni Cuperlo è il segno di: «una rimozione etica e politica» che è venuto il momento di affrontare. Prova ne sia che a parte Stefano Bonaccini, il presidente dell’Emilia-Romagna oggi capolista nel Nord-Est e di cui Elly Schlein era stata collaboratrice, quasi nessuno della vecchia guardia ha un atteggiamento di lealtà nei confronti della Segretaria e dello stesso partito… Schlein e il dissenso con Prodi. C’è della coerenza in questi comportanti, come ha osservato con rispetto Giorgio Gori, uno che il Jobs Act lo difende e non intende firmare patti con Landini. Il punto è che la segretaria è una donna di temperamento, ma di sicuro non è portata ai compromessi, alle intese che richiedono una tessitura. Tant’è che Bonaccini ha cercato un tema, almeno uno, su cui il partito sia compatto e lo ha individuato nella battaglia per il salario minimo. Ha ragione. Se ne potrebbe citare un altro, tuttavia più generico: la sanità pubblica da rifinanziare (non si dice come). Dunque, è chiaro che il futuro del Pd modello Schlein è a sinistra, in alleanza-competizione con Giuseppe Conte e con il gruppo Fratoianni-Bonelli. Tutti i rilievi che le vengono mossi si fondano sulle ambiguità di una linea che può essere doppia, salvo eccezioni, a cominciare dalla politica estera, per proseguire con l’economia sociale e i diritti. Quasi mai s’intravede la ricerca di una sintesi che unisca il partito, si preferisce accettare che ciascuno si muova come preferisce, in una mescolanza di voci e d’intenzioni. Ovvio che la segretaria ha le sue idee, ma ritiene opportuno lasciare le briglie lunghe a chi vuole sostenerne altre. È la strategia volta a recuperare consensi pescando nel mare delle astensioni; ovvero tra coloro che hanno smesso di votare Pd in quanto delusi dalla tendenza alle politiche ingessate e “di palazzo”. È un azzardo, non c’è dubbio, e finora i dati delle elezioni parziali non sono confortevoli. Tuttavia, non ci sono indizi di un cambio di passo, anzi. Il che ha autorizzato altre critiche: aver distrutto l’area riformista all’interno del Pd e al tempo stesso aver consentito a Conte di presentarsi come il leader di riferimento dei progressisti. Per quanto riguarda il destino dei riformisti, è evidente che la segretaria non è amata da loro a sua volta non li ami. Anche perché la sua idea di riforme non coincide con quella di chi guarda a modelli liberistici che è cosa diversa da modelli liberali. Per lei è una riforma abolire la legge sul lavoro voluta da Renzi. Tuttavia, la cosiddetta area riformista non sta facendo molto per affermare una volontà, una visione del partito. Al momento attende rassegnata che la leader perda le elezioni. L’altro appunto che viene fatto a Schlein non va sottovalutato. Riguarda la tendenza a lasciare a Conte l’iniziativa. Se aveva deciso di firmare il referendum della Cgil, forse conveniva non arrivare seconda dopo il capo dei 5S e quindi apparire da lui condizionata. Può essere uno sbaglio firmare, ma almeno conviene trasformare la firma in una mossa politica anticipatrice. Anche per inseguire quei voti dispersi che si vorrebbero ritrovare. Mentre Schlein smesso di sfogliare la margherita sulla sua candidatura alle Europee, i boomer del partito battono il tempo ai millennials della segreteria e riaprono il dibattito sul rinnovamento. E la conseguenza è un effetto quasi ipnotico. Il resto sullo sfondo. Cose mica da poco. Quale visione dell’Europa, come si sta da pacifisti in un mondo di guerre, proposte, priorità. Il Pd di Schlein – cioè di quelli che nessuno ha sentito arrivare – è molto millennials. Ricordate? Ci sono i boomers – nati fino alla metà degli anni ’60 – e ci sono i millennials, coloro che sono venuti al mondo tra il 1980 e la metà degli anni ’90. Come Elly, che è del 1985. Con lei, quindi, è la generazione dei millennials che conquista il partito e che è, già di per sé, promessa di rinnovamento, anzi di rifondazione radicale. Enrico Letta, classe 1966, ex segretario aveva garantito un congresso costituente, che poi è finito come è finito: di costituente poco e niente, giusto l’allargamento ai bersaniani tornati a casa. Ma Elly ha promosso alcuni millennials in posti chiave: Chiara Braga capogruppo, Chiara Gribaudo vicepresidente del partito, il trentasettenne matematico bolognese Gaspare Righi consigliere, Flavio Alivernini portavoce, Marco Furfaro in segreteria come Marco Sarracino, Peppe Provenzano, Marwa Mahmood. E poi ci sono Jasmin Cristallo e Mattia Santori, le sardine, Maria Pia Pizzolante. Un po’ più old Marta Bonafoni, Stefania Bonaldi, Annalisa Corrado, Camilla Laureti ma del cerchio più fidato. E però, come è strana la vita, sono ora i boomer a battere il tempo ai millennials. Rosy Bindi, dalle pagine dell’Espresso a Susanna Turco dichiara: “C’è un mondo fuori che ha bisogno di essere ascoltato, che ha forse qualcosa da dire che potrebbe rinvigorire il Pd. Aprire il partito e ricostruirlo daccapo”. O Walter Veltroni intervistato su Repubblica da Stefano Cappellini, che parla dei pericoli per la democrazia e della necessità di darsi una mossa. Per non dire di Romano Prodi, il “padre” del Pd, che non manca occasione per ricordare la postura dell’opposizione, tipo non farsi soggiogare dai metodi della destra, non imitarla mai. O Gianni Cuperlo, che indica al Pd le occasioni mancate. E Nicola Zingaretti quelle da non sprecare. In definitiva sono i boomer ad averlo sognato il Pd, ad averlo creato, plasmato, abbandonato, ripreso, rinnegato e riabbracciato. Erano pieni di speranza. Poi le correnti si sono mangiate il partito, il governismo l’ha fatta da padrone, si sono persi il popolo che dovevano rappresentare. Ottiene tuttavia simpatie tenaci, se è primo partito nella raccolta del 2xmille con 8,1 milioni di euro ricevuti nello scorso anno. Nel frattempo, dal 2008 a oggi, ovvero da quando è nato, il Pd ha perso 6 milioni di voti e cambiato nove segretari. Gianni Cuperlo: «In 16 anni di vita del Pd abbiamo perso 6 milioni di voti, cambiato nove segretari, subìto tre scissioni». E quindi, la rifondazione a quando?

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